"Che orgoglio la dignità dei marò"

L'ammiraglio Pasquale Guerra, comandante di Girone e Latorre: "Da loro e dalle loro famiglie una compostezza di cui andare fieri"

"Che orgoglio la dignità dei marò"

«Quando vedo i loro volti sereni sono orgoglioso di essere il loro comandante, quando sento le loro parole determinate e concrete sono fiero di essere italiano».

L'ammiraglio Pasquale Guerra sintetizza in queste due frasi le emozioni e le inquietudini di otto mesi. Mesi in cui il 53 enne comandante della Forza da Sbarco, il dispositivo della Marina Militare di cui fa parte il Reggimento San Marco, ha vissuto in prima persone speranze e delusioni generate dall'intricata vicenda dei fucilieri di marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. In questa intervista al Giornale - concessa all'indomani dei messaggi d'interessamento del presidente Napoletano e dal premier Mario Monti - il comandante La Torre spiega d'intravvedere un po' di luce in fondo al tunnel. «Il momento è favorevole anche se a tutt'oggi non vi è alcuna certezza».

Perché sottolinea che non vi sono certezze?
«Abbiamo la ragionevole speranza che i giudici indiani riconoscano la giurisdizione italiana, ma fino a quando la Corte Suprema non emette una sentenza definitiva l'incognita resta».

E la lentezza non aiuta …
«Quella sentenza farà storia sia nel campo delle relazioni che del diritto internazionali. È comprensibile che i giudici la affrontino con estrema attenzione. I tempi lunghi sono legati a questo».

È in contatto con i suoi uomini?
«Li ho visti il 23 ottobre in occasione del compleanno di Salvatore Girone. Quel giorno ho partecipato a un collegamento diretto via skype e il figlio di Salvatore ha tagliato la torta del papà. In genere mi metto in contatto con loro ogni sette otto giorni, ma verifico la situazione quotidianamente attraverso i rapporti dell'ufficiale che segue il caso in India».

Ultimamente paiono tesi, smagriti…
«Per quanto so io sono in buona forma. Sono due soldati e dunque si mantengono in efficienza fisica. Le loro famiglie sono appena tornate da una visita in India e anche loro raccontano che stanno bene».

La dignità dei suoi due marò sfata il mito dell'italiano piagnone?
«Sono la dimostrazione concreta di come i militari italiani siano in grado di mantenere un comportamento ineccepibile anche in situazioni estremamente difficili. E anche le loro famiglie vivono questa prova con estrema compostezza. Sono un esempio per tutti noi italiani».

I suoi uomini continuano a difendere i mercantili italiani minacciati dai pirati. Il loro morale è stato influenzato da quel caso?
«Per noi non è cambiato nulla. I miei ragazzi sono sereni perché sanno che la Marina Militare è con loro. E il governo pure. Chi entra nei Nuclei militari di protezione passa lunghe e severe selezioni. E sa a misurarsi con ogni situazione».

Ultimamente alcuni ex militari hanno fischiato il ministro della difesa…
«Questo caso non ha cambiato la sostanza della mia unità, né l'ha trasformata. Studiamo un po' di più il diritto internazionale, ma tutto il resto è identico. Quest'esperienza segna forse le coscienze dei singoli, ma non influisce sull'efficienza dell'unità. La determinazione del mio personale mi sembra immutata».

Con il senno di poi farebbe rientrare i suoi uomini in un porto straniero...
«Sono considerazioni che ovviamente si fanno, ma quello è stato un evento non gestito da noi… di cui ancora oggi non conosco i dettagli. Nelle sedi competenti lo avranno sicuramente analizzato in tutti i suoi aspetti. Io come forza da sbarco mi occupo dell'addestramento dei miei uomini. Il resto non rientra nel mio ambito».

Sente più la vicinanza dell'opinione pubblica o più quella delle istituzioni?
«Le istituzioni sono sempre state vicinissime. Sul fronte dell'opinione pubblica continuiamo a ricevere telefonate e lettere, mentre crescono i gruppi su Facebook. Io personalmente qui a Brindisi vedo tantissima gente con il fiocco giallo sul bavero. Gran parte dell'opinione pubblica mi sembra dunque desiderare una soluzione positiva».

Anche la Ferrari ha dato rilevanza al caso.
«La Ferrari non è nuova a queste iniziative. In passato si era mossa anche per il terremoto dell'Aquila, ma vedere la bandiera della Marina Militare sulle loro monoposto mi ha ovviamente fatto piacere».

Cosa le ha insegnato questo caso?
«Che l'addestramento fisico unito a quello psicologico resta il fondamento indispensabile per portare a termine ogni missione e

far fronte a tutte le situazioni. Anche quelle impreviste».

Un personale augurio a Massimiliano e Salvatore?
«Quello di sempre. Spero di rivedervi presto e riabbracciarvi. Qui in Italia. Al più presto».

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