Un’ovazione e almeno quattrocento persone tra diplomatici europei, “nemici” dei Castro e fedeli cattolici hanno dato oggi all’Avana l’ultimo saluto a Oswaldo Payà, il dissidente cubano morto lunedì in un incidente stradale sospetto (dove ha perso la vita un altro oppositore cubano Harold Cepero e sono rimasti feriti un attivista spagnolo e uno svedese).
“Un campione dei diritti civili e umani a Cuba” lo definiscono gli Stati Uniti, “un eroe del nostro tempo” dice il leader dell’Udc e presidente dell’Internazionale democristiana Pierferdianando Casini, “le sue idee non se ne vanno con lui”, commenta il presidente dell’Europarlamento Martin Schulz mentre il radicale Matteo Mecacci parla di “duro colpo per tutti coloro che sperano che anche Cuba possa un giorno porre fine al sistema di governo autoritario che la regge da decenni”. Da Washington a Bruxelles a Roma (ieri alla Camera è stato osservato un minuto di silenzio) la morte di Payà, fondatore e leader del Movimento cristiano di liberazione commuove il mondo ma solleva anche tanti dubbi su una fine sospetta e sulla mano dura (e nascosta) che potrebbe averla provocata. “Il dito accusatore è rivolto verso il governo cubano”, ha dichiarato Berta Soler, una delle leader delle Damas in Blanco, famoso gruppo di donne cubane che si oppone al regime. Le sue parole fanno eco a quelle di Rosa Maria Payà, figlia di Oswaldo, che ha riferito come un camion abbia urtato l’auto a bordo della quale viaggiava il padre, smentendo la ricostruzione delle autorità cubane che parlano solamente di uno schianto contro un albero. La figlia, insieme a molti altri dissidenti, avanza il concreto sospetto che sia stata la dittatura ad aver provocato la tragedia per eliminare un uomo troppo scomodo. E riferisce di aver ricevuto poco prima dell’incidente una telefonata in cui il padre le diceva che un altro veicolo stava tentando di buttare fuori strada la vettura su cui viaggiava. Appena quindici giorni fa - ed ecco la seconda stranezza - Payà era rimasto vittima di un altro incidente automobilistico sospetto all'Avana. Non solo. “Oswaldo era seguito, tenuto sotto sorveglianza, assoggettato a pressioni e minacciato di morte”, ha aggiunto il fratello Carlos, che da anni è espatriato in Spagna.
Così è un altro dissidente, Guillermo Farinas, anche lui cubano e vincitore come Payà del premio Sakharov per la libertà del pensiero, a chiedere una commissione di inchiesta internazionale, “formata dall’Onu, dal Parlamento Europeo o l’Organizzazione degli stati americani” che indaghi sull’incidente.
Payà, che lascia la moglie e tre figli, era nato nel 1952 da una famiglia cattolica.
Ingegnere specializzato nelle strutture sanitarie, nel 1988 aveva fondato il Movimento cristiano di liberazione che si batte per introdurre riforme nell’isola controllata dal regime comunista. Un impegno che si tradusse nel “Varela Project” con cui raccolse 40mila firme per un referendum che introducesse la libertà d’associazione e di stampa. Ma da allora contro di lui sono aumentate minacce e detenzioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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