Ecco la Primavera araba: dalla Tunisia all'Egitto si teme l'effetto contagio

Proteste al Cairo e in Sudan, scontri a Tunisi e dure condanne da Kabul. Il mondo arabo pronto ad attaccare gli Stati Uniti

Dalla Libia alla Tunisia. Il mondo arabo esplode contro l'America. I dimostranti hanno bruciato e calpestato bandiere americane sotto l'ambasciata statunitense a Tunisi, nel corso delle proteste in corso nel mondo musulmano per il film sul profeta Maometto. Un fotografo dell'Associated Press presente sulla scena ha visto i manifestanti distruggere le bandiere, sottolineando che tra i dimostranti c'erano anche donne con indosso il velo integrale islamico niqab. La folla è poi stata allontanata dall'ambasciata dagli agenti intervenuti sulla scena.

Gli scontri a Tunisi

Le forze di sicurezza tunisine hanno disperso, con un fitto lancio di granate lacrimogene, una nuova manifestazione fatta davanti all’ambasciata americana. L’intervento della polizia si è reso necessario quando i manifestanti hanno cercato di avvicinarsi alle porte blindate a protezione dell’ambasciata. Secondo quanto ha appreso l’Ansa, non ci sono stati contatti fisici tra i due schieramenti. Al primo lancio di granate lacrimogene, i manifestanti hanno rapidamente guadagnato, a nord e sud dell’ultraprotetto compound dell’ambasciata, posizioni distanti dalle forze di sicurezza, incolonnandosi lungo le due grandi strade che costeggiano il complesso. I manifestanti appartenevano a movimenti islamici integralisti, soprattutto salafiti. Moltissimi i "barbus" con una forte presenza di donne con il velo integrale. La manifestazione ha rispettato il "copione" di sempre: sono stati sventolati i drappi neri del movimento salafita; sono stati lanciati slogan contro gli Stati Uniti e a "difesa" del Profeta; è stata bruciata una bandiera americana. Tra i manifestanti, riferisce il sito Business nwes, c’era anche il leader islamico radicale Adel Almi. Un’altra manifestazione, convocata sui social network dal partito islamico Al Joumhouri, avrebbe dovuto svolgersi alle 18 locali, davanti al teatro municipale della capitale, che si trova su avenue Bourghiba, la principale strada della città. Ma le autorità hanno negato l’autorizzazione, per cui la manifestazione si terrà in un altro giorno. Al divieto non dovrebbe essere estraneo il fatto che il teatro si trova a poche decine di metri dalla sede del ministero dell’Interno, sempre fortemente presidiata ed ancora circondata, come nei giorni della "rivoluzione" da filo spinato e cavalli di Frisia.

Talebani all'attacco in Afghanistan

I talebani in Afghanistan hanno chiamato a raccolta i loro combattenti per "vendicarsi" su soldati americani per la pellicola girata negli Stati Uniti. Anche il governo afgano ha condannato il film. "Denunciamo con fermezza questo atto dissacrante e dichiariamo la nostra aberrazione per un simile insulto", si legge nella nota in cui si precisa che il Profeta Maometto "è il più grande profeta dell’Islam, una guida per l’umanità e portatore di un messaggio di pace e onestà". Secondo il comunicato, il produttore Sam Bacile e il pastore Terry Jones, che compare nel lungometraggio, "rappresentano una piccola minoranza". Il governo afghano si impegna quindi a impedire la diffusione del film e del videoclip che lo promuove.

Proteste in Sudan

Centinaia di persone hanno manifestato davanti all'ambasciata americana in Sudan contro il film su Maometto considerato blasfemo. "Credo che siano poche centinaia", ha detto un responsabile, "La nostra sede diplomatica non è stata violata".

Violente proteste al Cairo

Circa tremila manifestanti, in gran parte salafiti, hanno protestato ieri davanti all’ambasciata americana al Cairo. Un gruppetto di manifestanti è riuscito a scavalcare il muro di cinta della sede diplomatica ed ad arrivare all’alto pennone dove normalmente sventola la bandiera a stelle strisce. L’hanno tolta e l’hanno sostituita col drappo nero con la professione di fede islamica "Non c’è Dio al di fuori di Allah e Maometto è il suo profeta". In seguito la bandiera è stata tolta e drappeggiata sul muro di cinta dove in serata rimaneva una decina di manifestanti con striscioni con la scritta in inglese "Rispettate il profeta" e di attacco ai "cani stranieri". L’irruzione all’interno del compound dell’ambasciata americana è stata confermata in serata dal dipartimento di stato e in effetti il pennone continua ad apparire senza bandiera americana. Il tam tam sulla pellicola dal titolo "La vita di Maometto profeta dell’Islam" è rimbalzato sui siti web già da ieri per mano di alcuni esponenti salafiti. L’accusa principale rivolta al film, di cui alcuni spezzoni sono stati resi pubblici attraverso un link diffuso da un avvocato copto negli Stati Uniti che annunciava per ieri la proiezioni della pellicola in occasione dell’undicesimo anniversario dell’attacco alle Twin towers, è di essere pornografico perché mostra scene intime fra Maometto e la prima moglie. È quanto dicono anche un paio di manifestanti davanti all’ambasciata. Lunga veste salafita e barba incolta si limitano a dire: "È pornografico". La chiesa copta ha condannato senza mezzi termini l’iniziativa, così come ha fatto la Lega araba dando atto a esponenti cristiani di avere preso le distanze dal film. In giornata anche l’ambasciata Usa aveva postato una nota sul suo sito web nel quale respingeva con fermezza «le azioni di coloro che fanno abuso del diritto universale di libertà di espressione per ferire il credo religioso di altri».

Il ministero degli esteri egiziano ha diffuso una nota per ribadire il suo impegno a proteggere le sedi diplomatiche al Cairo. Qualche ora prima il poster di un manifestante inneggiava al capo di al Qaida. "Bin Laden riposa in pace", la scritta.

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