La Francia di Hollande di Mali in peggio

La Francia di Hollande di Mali in peggio

Un fiasco assoluto in Somalia. Un salto nelle tenebre nel Mali. François Hollande va alla guerra e la Francia trema. Anche perché l'esordio è un disastro, ma le conseguenze rischiano d'esser persino peggiori. Anche perché le improvvisazioni del nuovo Napoleone della gauche rischiano di trasformare in azzardi due cause giuste ed irrinunciabili.
Per capire gli errori che han portato Hollande a perdere due soldati e un ostaggio in Somalia e ad imbarcarsi in un conflitto dalle conseguenze imprevedibili bisogna partire dal Mali. L'ex colonia è da nove mesi il monumento agli errori libici di Sarkozy. Da marzo il nord del Paese con al centro Timbuctu è il santuario delle milizie tuareg d'ispirazione jihadista. A trasformare quei groppuscoli in invincibili legioni è l'esperienza di migliaia di combattenti tuareg abituati da decenni a sbarcare il lunario al soldo di Gheddafi. Morto il Colonnello hanno razziato gli arsenali e son tornati a casa convertendosi all'indipendentismo tuareg. Hollande, durante gli otto mesi all'Eliseo, fa ben poco per fermare il disastro ereditato dal predecessore. Mentre le milizie jihadiste distruggono Timbuctu, seminano il terrore e dilagano a sud, il presidente francese delega l'intervento all'Onu e ai Paesi dell'Africa Occidentale. Ma giovedì il governo provvisorio del Mali e i comandanti delle forze speciali di Parigi lanciano l'Sos. I jihadisti, sbaragliati i governativi a Konna, dilagano verso Mopti e minacciano di aprirsi la strada verso la capitale Bamako.
Hollande allora concentra i rischi in un'unica notte. Da una parte ordina alle forze speciali nel Mali di bloccare l'avanzata delle truppe jihadiste e riconquistare Konna, dall'altra dà il via libera all'intervento in Somalia per liberare un agente dei servizi segreti tenuto in ostaggio dalle milizie somale degli Shebab. L'affaire Denis Allex, pseudonimo sotto cui si cela lo 007 prigioniero dal 2009, è un eredità di Sarkò che non ha mai mosso un dito per liberarlo. L'inazione del predecessore è però meno perniciosa dell'improvvisazione di Hollande. Le forze speciali francesi caricate sugli elicotteri e mandate a dar l'assalto alla prigione dell'ostaggio a Bulomarer, 110 chilometri a sud di Mogadiscio, si ritrovano al centro di un furioso combattimento e non riescono a penetrare il covo terrorista. Costretti a ritirarsi sugli elicotteri, si portano dietro il cadavere di un commilitone e ne lasciano un altro sul terreno. Ma il bilancio dell'operazione è ancor più tragicamente ambiguo. Denis Allex, dichiarato morto nei primi comunicati ufficiali del ministro della difesa Jean-Yves Le Drian viene dato per vivo dai portavoce degli Shebab che annunciano anche la cattura di un soldato ferito. Per molte ore Parigi teme, insomma, un raddoppio degli ostaggi. Fino a quando in serata Hollande annuncia personalmente la morte dello 007.
Ma se in Somalia si piange in Mali non si ride. Le notizie sulla morte del pilota di un elicottero colpito durante le operazioni contro i ribelli fanno capire quanto sia insidiosa quella guerra, in cui Hollande deve far i conti anche con le vite di 8 ostaggi francesi detenuti da Al Qaida Maghreb. Una guerra in cui Parigi rischia di non trovar più molti alleati. Il presidente socialista ripeteva ieri sera che l'intervento gode del pieno appoggio della comunità internazionale. In verità la decisione di dare il via libera alle operazioni non è stata concordata né con quel Consiglio di Sicurezza dell'Onu a cui il presidente francese dettava in precedenza le mozioni d'intervento, né con quei Paesi dell'Africa Occidentale a cui Parigi avrebbe dovuto unirsi.

L'intervento nel Sahel appare insomma una guerra frettolosa e oscura lanciata senza informare la comunità internazionale e senza garantirsi un adeguato sostegno politico. Una guerra degna di un socialista alla Mitterrand, ma decisa da un suo erede in miniatura.

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