La Francia getta la spugna: il premier Jean-Marc Ayrault ha ammesso che il Paese non riuscirà a ridurre il deficit di bilancio sotto il 3% del Pil entro il 2013, come richiesto dall'Unione europea. Un impegno che fino a ieri Parigi aveva sistematicamente confermato, nonostante i fatti ne avessero già messo in luce da un pezzo l'impossibilità. Anche se il premier ha cercato di salvare il salvabile: «L'obiettivo non è troppo lontano -ha detto ai microfoni di France 3 - raggiungeremo lo zero, alla fine del quinquennio» del presidente François Hollande. A tendere una mano all'inquilino dell'Eliseo però è arrivato proprio il più severo dei giudici, il commissario Ue agli affari economici Olli Rehn, che, in una lettera ai ministri delle Finanze dell'Ue, ha messo nero su bianco la possibilità di un «esame di riparazione» per i governi che non sono riusciti a fare i compiti: «Se la crescita si deteriora in maniera imprevista - scrive - un Paese può beneficiare di rinvii per la correzione del deficit eccessivo, a patto che abbia effettuato gli sforzi di risanamento richiesti». E aggiunge: «Decisioni simili sono state prese l'anno scorso per la Spagna, il Portogallo e la Grecia».
L'apertura dell'inflessibile Rehn a un rientro più morbido potrebbe valere anche per l'Italia? Secondo il governo Monti, non è necessario: la lettera di Rehn è solo un documento di spiegazione di decisioni già prese e comunque non riguarda l'Italia che da aprile esce dal novero dei Paesi in «deficit eccessivo», secondo fonti di Palazzo Chigi. Che ricambia l'assist del commissario, secondo cui il Paese «ha convinto i mercati con politiche credibili».
Adesso, è Parigi in cima alle preoccupazioni di Bruxelles. Da giorni, infatti, la Corte dei Conti francese aveva annunciato che il Paese ha poche chance di rispettare gli impegni europei, consigliando una riduzione della spesa pubblica. E anche la Commissione europea - che il 22 febbraio annuncerà le sue previsioni di primavera - dovrebbe fare lo stesso, smentendo cosi la visione ottimistica del governo francese, che ha costruito la finanziaria 2013 su una crescita allo 0,8%. Su cui però il ministro delle Finanze Pierre Moscovici, aveva già fatto marcia indietro: «Potremmo, se necessario, rivalutare, riesaminare, questi diversi obiettivi», aveva detto dopo l'ultimo Consiglio dei ministri. Per ora «sono mantenuti, ma sappiamo che sono difficili - ha ammesso - è evidente». E come ha detto lo stesso Hollande, «avere obiettivi che non possono essere raggiunti non serve a nulla».
Resta un fatto: Rehn ammette che nella Ue il debito è passato dal 60% prima della crisi al 90% di adesso, ed è «ampiamente riconosciuto» che quando sale sopra quel livello «ha effetti negativi sul dinamismo economico che si
traduce in un abbassamento della crescita per molti anni». Tanto più che «il dibattito in corso sull'impatto dei piani di austerità sulla crescita non sta contribuendo a ricreare una situazione di fiducia a livello europeo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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