Fuga da Al Jazeera I reporter accusano: "Faziosa sull'Egitto"

Rivolta dei giornalisti del Cairo, si dimettono in 24: "Continue pressioni sui servizi da mettere in onda"

Fuga da Al Jazeera I reporter accusano: "Faziosa sull'Egitto"

C'era una volta Al Jazeera. Il suo nome significava isola e la sua immagine illuminava come un astro nascente l'universo dei media. Oggi è l'isola che non c'è. Una stella spenta e cadente emblema di un'informazione partigiana e asservita. Il volto più becero dell'emittente pagata e manovrata dall'emiro del Qatar incomincia a far capolino all'inizio delle primavere arabe. L'uscita allo scoperto arriva con il crepuscolo di Mohammad Morsi quando Al Jazeera non esita a trasformare gli inviati in un esercito mediatico incaricato di puntellare la traballante credibilità del presidente e dei Fratelli Musulmani. Grazie a una sfilza di reportage e interviste rigorosamente a favore di Morsi, Al Jazeera si gioca anche l'ultimo quarto di credibilità. Non a caso i generali dopo aver liquidato il presidente fanno subito perquisire la redazione dell'emittente televisiva. Non a caso un gruppo di giornalisti egiziani butta fuori a calci gli inviati della tv presentatisi a una conferenza stampa.

Tutto questo potrebbe anche essere la prova della buona fede di Al Jazeera. Potrebbe. Ma non lo è. E a dimostrarlo arrivano le dimissioni di 22 fra giornalisti e impiegati della redazione del Cairo che abbandonano la tv accusandola di costringerli a manipolare pezzi e notizie. «Ci istruiscono in continuazione sui servizi da mettere in onda» - spiega Karem Mahmoud, uno dei volti della sede del Cairo, puntando il dito contro i capi di Doha. «Puntano solo a creare delle divisioni, seguono un'agenda contraria agli interessi dell'Egitto e di altri paesi arabi» - dichiara il conduttore già passato nella schiera degli ex. E Haggag Salam, un corrispondente da Luxor, licenziatosi domenica, rincara la dose accusando gli ex datori di lavoro di «mettere in onda bugie e sviare gli spettatori». Accuse confermate da Alaa Al Aioti e da altri tre redattori egiziani della sede centrale di Doha che seguono l'esempio dei 22 colleghi del Cairo e firmano una lettera di dimissioni in cui spiegano di non voler più collaborare all' «informazione di parte» dell'emittente.

Al Jazeera rispedisce l'accusa al mittente liquidando dimissioni e accuse come il frutto delle pressioni esercitate dai militari egiziani. «A seguito delle recenti pressioni sui media, in Egitto alcuni membri dello staff di Al Jazeera Egitto hanno deciso di lasciare. Comprendiamo - spiega un comunicato - tutte le ragioni per cui sentono il bisogno di trasferirsi, comprese quelle di chi segue opinioni politiche di parte». La piccata e acida difesa d'ufficio non basta però a restituire all'emittente un'immagine di affidabilità e imparzialità. Anche perché il caso egiziano è la punta di un iceberg che agita i mari dell'informazione sin dall'inizio delle primavere arabe. Nel dicembre 2010 Al Jazeera trasmette parossisticamente le immagini delle proteste di Tizi Bouzit in Tunisia fino a quando non accende la rivolta che travolge Bel Alì e porta al potere i Fratelli Musulmani. Lo stesso avviene con Mubarak in Egitto e con Gheddafi in Libia. Già allora i disinvolti inviati di Al Jazeera non esitano a trasformare in notizie autentiche bufale. I resoconti libici sono il loro capolavoro. Grazie ai servizi dell'emittente, le tombe di un cimitero si trasformano in fosse comuni e la leggenda urbana degli aerei mandati a mitragliare i manifestanti di Tripoli diventa comprovata realtà.

Ancor più gravi delle falsificazioni sono le omissioni. Mentre dipinge Ben Alì, Mubarak e Gheddafi come signori del male, l'emittente di Doha «dimentica» di raccontare le stragi di manifestanti sciiti firmate da un sovrano del Bahrain assai amico dell'emiro del Qatar. Le malefatte politiche e giornalistiche di Al Jazeera rischiano di avere pesanti ripercussioni economiche in terra americana.

Dopo essersi comprata per 500 milioni di dollari la fallimentare Current Tv di Al Gore, Al Jazeera sperava di conquistare gli spettatori musulmani d'America e far concorrenza a Fox Tv e alla Cnn. Ma per una tv sbugiardata persino in Egitto, la conquista del pubblico americano appare ora una missione decisamente impossibile.

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