Guerra su costi e status della première dame

Il dibattito Il ruolo delle "first lady" dalla Francia agli Usa Hollande si smarca: non è un'istituzione. E allora perché costa 60mila euro al mese?

Guerra su costi e status della première dame

«Una reliquia della monarchia» l'ha definita Thierry Mandon, portavoce dei socialisti in Assemblea nazionale. «Da abolire» gli ha fatto eco François Rebsamen, capogruppo del Ps in Senato. In attesa di scoprire se Valérie Trierweiler è ancora première dame, la Francia si chiede se tagliare la testa alla first lady come ai tempi di Maria Antonietta. La decapitazione de facto sarebbe un modo per liberarsi di un ruolo mai particolarmente gradito ai francesi e soprattutto l'occasione per la gauche di andare in soccorso al capo dell'Eliseo, che per primo nella conferenza stampa del dopo-scandalo, sotto assedio per la scoperta della relazione clandestina con l'attrice Julie Gayet, si è fatto paladino del rigore costituzionale (e delle sue scappatelle private) precisando che «non c'è status di première dame, non c'è mai stato». In effetti, a rigor di forma, né la Costituzione francese, né alcuna legge né i testi che regolano il protocollo presidenziale contemplano o disciplinano il ruolo di première dame. Solo una breve circolare del 1955 garantisce «alla sposa» la metà della dotazione del presidente in caso di decesso di quest'ultimo. Poi c'è la consuetudine: la first lady accompagna il presidente nelle visite ufficiali, accoglie gli invitati come una buona padrona di casa, non ha un ruolo politico ma si ritaglia spazi in ambito sociale o umanitario, come fa Michelle Obama negli Usa con le sue campagne contro l'obesità e come hanno fatto nel tempo Danielle Mitterrand, Bernadette Chirac e Carla Bruni (che per non far esplodere un caso diplomatico con la Cina andò in soccorso del marito e incontrò lei il Dalai Lama). Non solo: la première dame ha un portavoce, collaboratori, un ufficio, scorta, autista e da qualche tempo anche un sito Internet (costo totale a oggi, per Valérie Trierweiler, 60mila euro). Perciò la domanda che risuona in queste ore a Parigi è sempre la stessa: può bastare il vuoto costituzionale a liquidare come «una reliquia» una figura che negli ultimi anni ha preso sempre più piede in Francia, ispirandosi al modello di first lady americana?

Anche negli Stati Uniti d'altra parte non c'è traccia del ruolo della moglie del presidente nella Costituzione. Fino al Ventesimo secolo le first lady non avevano nemmeno uno staff o al massimo una sola persona a servizio (Eleanor Roosvelt ne aveva due). Poi nel 1978 la «Public Law 95-570» venne incontro a Rosalynn Carter fornendo «assistenza e servizi» alla moglie del presidente. Quindici anni dopo, questo significò cinquanta persone a disposizione della potentissima Hillary Clinton, che intanto girava il mondo facendo discorsi politici in nome del marito Bill. La consuetudine si affida insomma alla tempra della signora di turno. Una tempra che nel Regno Unito, dove la first lady non ha stipendio né compiti ufficiali, ha mostrato solo Cherie Blair, decidendo - a differenza di Sarah Brown e di Samantha Cameron - di continuare la sua attività di avvocato col nome da nubile, Cherie Booth. Carattere e determinazione fanno la differenza. Perciò in Francia Cécilia Attias, ex moglie di Nicolas Sarkozy, la più attiva e la più politica delle dame di Francia - che prima del divorzio riuscì a far liberarele cinque infermiere bulgare arrestate e condannate alla fucilazione dal regime di Gheddafi in Libia - si è ritagliata un ruolo da protagonista e oggi non ha dubbi sul futuro della première dame in Francia: «Serve uno statuto. Nel momento in cui si elegge un uomo o una donna c'è un congiunto al suo fianco e non lo si può letteralmente cancellare, domandandogli di piazzare i fiori sulla tavola». Eppure anche a destra ci si divide.

Il leader dell'Ump Jean-François Copé si dice «da sempre contrario» alla creazione di uno statuto, in sintonia con Hollande che in tempi non sospetti, durante la campagna elettorale, era stato chiaro: «Si elegge una persona, non una famiglia». Un discorso che oggi gli torna parecchio utile. Le famiglie per lui si sono fatte troppe e allora meglio che sia il re a decapitare Maria Antonietta.

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