Chissà mai se Yelena Isinbayeva avrebbe immaginato, fra le tante storie della sua vita sportiva, di lasciarsi rovinare uno dei giorni più felici da una polemica fuori posto? Imprevisti dell'essere una donna famosa, bella ed anche brava. Capita di sbagliare salto, capita di lasciar sfuggire un pensiero. Eppoi di dover presentare una frettolosa e incerottata retromarcia verbale.
Yelena Isinbayeva è un'ambasciatrice del sorriso, la chiamano la zarina del salto con l'asta, davanti alla sua gente ha conquistato l'ennesimo titolo mondiale ma quando, durante la conferenza stampa, un giornalista le ha chiesto cosa pensasse delle leggi russe per contrastare la diffusione dell'omosessualità, si è allineata perdendo quel sorriso contagioso. E magari sfoderando il suo essere donna a 360 gradi, preferenze sessuali comprese.
Questa legge, secondo gli americani, potrebbe creare problemi o boicottaggi per le olimpiadi invernali di Soci, ed allora Yelena si è scatenata: «La legge non vieta a nessuno di gareggiare, di venire a Soci, non riconosce differenze di pelle, razza, religione. Nessun russo si permette di criticare le leggi degli altri Paesi, quindi penso che anche gli altri debbano rispettare le nostre leggi. Non abbiamo mai avuto problemi di questo genere. Noi russi forse siamo differenti rispetto agli europei. Ma abbiamo la nostra casa e tutti devono rispettarla. Ci riteniamo persone normali: gli uomini stanno con le donne e le donne con gli uomini».
Dichiarazione molto governativa, come prevedibile. Soprattutto in controtendenza con tutto il mondo dell'atletica che, fin dall'inizio dei mondiali, si è schierato contro la legge anti gay. L'americano Nick Symmonds ha dedicato il suo argento «agli amici gay», le ragazze della Svezia si sono dipinte le unghie con i colori dell'arcobaleno per mostrare il modo di dissociarsi. La federazione italiana di atletica si è schierata con un comunicato nel quale si chiede di «rispettare i diritti umani», aggiungendo però che «il boicottaggio è una sconfitta».
Addirittura il presidente americano Barack Obama ha calato l'asso usando ironia dirompente. «Non ho pazienza con i Paesi che discriminano le persone gay. Peccato, se la Russia non avrà gay o lesbiche sarà più debole».
Ecco, allora, che Isi, la regina dell'atletica, ha fatto troppo rumore. Fra l'altro le sue critiche hanno puntato contro gli atleti. «Non dovevano essere trascinati in questa polemica». Appunto, e lei ci è entrata come un bulldozer. Dovere di parte, partito o nazione poco importa.
Qualcuno deve averglielo fatto notare: Isi ha intorno a sé una squadra di manager attenti ai problemi del business. Senza dimenticare che certi modi di pensare, o esprimersi, sono contrari alla Carta olimpica. E Yelena vorrebbe ancora gareggiare a Rio. Forse perfino Putin avrà capito che un po' diplomazia avrebbe migliorato la situazione. La sua regina non stava aiutando la causa.
Ed allora, puntuale, è arrivato il comunicato, definiamolo di rettifica personale, per annacquare il veleno. Perfino ridicolo quando la Isinbayeva ha cercato di anestetizzare il rumor di tuono dicendo di non parlare molto bene l'inglese: è una delle scuse che di recente va di moda per correggere le gaffes. «L'inglese non è la mia prima lingua e credo di essere stata capita male. Sono contraria a qualsiasi discriminazione verso gli omosessuali che si basi sulla loro sessualità. Volevo solo dire che la gente deve rispettare la legge degli altri Paesi, in particolare quando invitata».
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