Una vittoria dimezzata. Le elezioni in Israele, quando ad essere scrutinato è il 99,5% delle schede, percentuale che mette una croce sopra qualsiasi sopresa, si concludono con un sostanziale pareggio tra i partiti di destra e la sinistra.
La coalizione guidata dal premier Benjamin Netanyahu, composta da Likud e dagli ultra-nazionalisti di Beiteinu, porta a casa 31 seggi, confermandosi la forza politica più importante del Paese. Ma i numeri sono in calo rispetto alle aspettative iniziali. E Bibi ha già annunciato che, rispettando la volontà degli elettori, allargherà il più possibile la sua maggioranza di governo.
Per eleggere la Knesset si sono presentati alle urne oltre il 66% degli israeliani. Una percentuale alta, che sorpassa l'affluenza fatta registrare in tutte le tornate elettorali precedenti, fin dal 1999.
Se il Likud di Netanyahu festeggia una vittoria sofferta, il grande vincitore di queste elezioni è l'ex giornalista Yair Lapid. I centristi del neonato movimento Yesh Atid hanno portato a casa diciannove seggi.
Per quanto riguarda le altre formazioni in lizza, a destra 11 seggi sono andati ai sionisti di HaBayit HaYehudi, guidato da Naftali Bennet, come 11 agli ultra-ortodossi sefarditi dello Shas. 7 li hanno conquistati gli ashkenaziti di Yahadut HaTorah HaMeukhedel.
I laburisti hanno portato a casa 15 seggi. 6 li hanno presi i liberali guidati dall'ex ministro degli Esteri Tzipi Livni, tanti quanti la sinistra del Meretz. Il crollo più consistente è stato quello di Kadima, che non è andato oltre i due seggi. Infine dodici sono andati alle formazioni arabe.
Il futuro del Paese dipenderà molto da cosa deciderà di fare un'opposizione che non rappresenta di certo un blocco compatto. I partiti dell'ala opposta a quella di Netanyahu hanno i numeri per fare blocco e contrastare il lavoro della maggioranza. Non è altrettanto detto che ne abbiano la voglia.
538em;">Il premier uscente ha già anticipato la prima sfida che dovrà affrontare il prossimo esecutivo: "Impedire all'Iran di dotarsi dell'arma nucleare".
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