L'afa salva Basescu: non c'è il quorum per cacciarlo

Votanti sotto la soglia del 50%. Naufraga il blitz per destituire il capo di Stato

L'afa salva Basescu: non c'è il quorum per cacciarlo

A salvarlo c'ha pensato l'afa. L'ondata di caldo che investe da giorni anche la Romania si è trasformata nell'alleato decisivo di Traian Basescu. Grazie alla canicola che ha prosciugato le urne ed affollato spiagge, boschi e piscine il presidente rumeno è sopravvissuto al referendum voluto dal premier socialdemocratico Victor Ponta per ottenerne la piena destituzione e la formale messa sotto accusa. Alla fine di una giornata segnata da una canicola tropicale il numero dei votanti non ha superato il 50 per cento garantendo così la permanenza in carica del presidente sospeso dall'incarico il 6 luglio scorso dal voto del Parlamento.
Il referendum e le vicende politiche che l'hanno preceduto sono anche la dimostrazione di come le regole del voto e della democrazia mal si sposino con le ricette economiche di Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale. In Italia e Grecia qualcuno già lo sospettava, ma la parabola del presidente Traian Basescu, trasformatosi da mattatore delle elezioni del 2004 e del 2009 in reietto della politica ne sono una fulgida rappresentazione.
Nonostante molte controversie politiche Traian Basescu guida senza problemi la Romania fino a quel fatidico 2010 quando crisi e recessione fanno traballare anche Bucarest. Pur di non abbandonare la piattaforma europea il presidente si trasforma nel zelante esecutore di tutte le ricette impostegli dal Fondo Monetario Internazionale e da Bruxelles. Pur di ottenere dall'Fmi un finanziamento miliardario non esita ad introdurre misure di austerità senza precedenti. Per onorare quel debito si appella poi a Bruxelles che ovviamente gli chiede in cambio nuove privazioni. I sogni dei rumeni convinti di esser approdati nella Bengodi europea diventano in breve lacrime e sangue. Pur di tenere a galla il paese Basescu taglia di un quarto gli stipendi dei dipendenti pubblici e porta l'Iva al 24 per cento facendo ulteriormente impennare i prezzi e il costo della vita. Il «conductador» con un passato da capitano marittimo nell'era Ceausescu si trasforma così in un odiato vampiro detestato dall'opinione pubblica. Il peggio arriva quando Basescu accetta di mettere alla porta il governo a lui vicino per far posto alla coalizione di centro sinistra guidata dall'ex magistrato social democratico Victor Ponta. Questi, pur non essendo mai stato eletto, non esita a far carne di porco di qualsiasi regola democratica pur di levarsi di torno l'ingombrante presidente. Forte dei sondaggi secondo cui il 65 per cento dei rumeni farebbe volentieri a meno di Basescu, l'ex magistrato Ponta fa votare al Parlamento la sospensione del presidente. Per levarselo definitivamente dei piedi ha però bisogno di un referendum popolare che confermi il voto del parlamento. Per avere la sicurezza di farcela Ponta non esita a depennare per decreto il quorum del 50 per cento di votanti indispensabile - secondo la Costituzione romena - per la validità di un consultazione popolare. Quando la Suprema Corte ricorda al premier le regole, Ponta minaccia di destituirne i giudici. In questo surreale balletto sulle quinte di una democrazia più calpestata che sospesa s'inserisce l'Unione Europea che corre in soccorso di Basescu ricordando al premier di centro sinistra il dovere di rispettare la Costituzione. Forte del sostegno europeo Basescu risale dall'inferno per raccomandare ai perplessi cittadini romeni di non mettere il proprio voto al servizio di una consultazione definita un «colpo di stato voluto dai miei nemici». La sortita europea a favore di Basescu salva la democrazia, ma ammazza l'economia. Subito dopo l'ammonimento al governo di centro sinistra pronunciato dal presidente della Commissione Europea Jose Barroso e dall'immancabile quanto fatale Angela Merkel, il leu - la valuta rumena - sprofonda negli abissi della svalutazione toccando il minimo storico nei confronti dell'euro. Ma in questo caotico e immiserito panorama il risultato del referendum ha perso gran parte del suo significato.

Alla vigilia del voto la consultazione sulla destituzione di un presidente ridotto ormai a cadavere politico si era trasformata in una sfida tra chi pensa che democrazia ed elezioni abbiano ancora un valore e chi ritiene che pur di liberarsi dell'Europa e delle sue regole sia meglio concedere al premier Victor Ponta il diritto di calpestarle.

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