Per Bruxelles «non è appropriato» intervenire direttamente nel caso giudiziario dei marò. La baronessa Ashton, rappresentante della politica estera europea, sostiene che non sia il caso perchè la loro sorte dipende dai giudici di Delhi e farlo sarebbe una specie di intromissione negli affari interni di uno Stato estero. Non solo lo pensa, ma lo fa pure scrivere da uno dei suoi vicesegretari generali, il polacco Maciej Popowski, in risposta ad una missiva del gruppo Facebook «Ridateci i nostri Leoni», che conta circa 70mila iscritti.
«Faccio notare che la questione della giurisdizione indiana (sul caso dei marò ndr) pende presso la Corte suprema (di Delhi ndr) come impugnazione della decisione della Corte del Kerala di processare i due membri del Battaglione San Marco» scrive Popowski nella seconda pagina della lettera in possesso del Giornale. «Non sarebbe appropriato per l'Unione Europea intervenire in una questione che riguarda la competente istanza giudiziaria di uno Stato estero». In pratica Massimiliano Latorre e Salvatore Girone vengono «mollati» dalla burocratica Europa al loro destino davanti ai giudici indiani.
La Farnesina la pensa diversamente e sottolineando altri passi della lettera, con un comunicato, afferma: «Le affermazioni contenute nel documento confermano il forte impegno dell'Unione Europea per l'individuazione di una soluzione basata sul rispetto delle regole del diritto internazionale. Le stesse che attribuiscono allo Stato di bandiera, cioè all'Italia, la giurisdizione in questo caso».
La risposta dell'ufficio della baronessa Ashton scaturisce da una lettera del gruppo su Facebook «Ridateci i nostri Leoni» del 17 agosto indirizzata alla rappresentante della politica estera della Ue. Il 2 ottobre Popowski prende carta e penna e su carta intestata del Servizio esteri europeo scrive specificando subito che la Ashton «mi ha chiesto di rispondervi in sua vece».
Il vice segretario generale si dilunga nell'elencare le iniziative dell'Europa nei confronti di Nuova Delhi spiegando che si sono concentrate soprattutto «sulle regole della presenza di uomini armati sulle navi mercantili con l'obiettivo di proteggerle dagli attacchi dei pirati». Si capisce subito che Bruxelles non si focalizza sui casi specifici dei marò bloccati in India, ma sul miglioramento delle norme riguardanti i nuclei anti bucanieri «per limitare le possibilità di sfortunati incidenti, come quello capitato ai due marines italiani».
In risposta all'incontro che il presidente del Consiglio, Mario Monti, ha avuto con Catherine Ashton si ripete che l'Unione Europea si sta attivando nell'ambito delle norme, evidentemente poco chiare, che regolano le missioni del personale di sicurezza a bordo dei mercantili. Acqua fresca, che assomiglia al tentativo di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati.
Nella seconda pagina Popowski ha un colpo di reni e scrive che «la delegazione europea in India (l'ambasciata comunitaria, ndr) ha intrapreso delle iniziative presso le competenti autorità indiane per chiedere un contributo alla soluzione della disputa (l'arresto dei marò, ndr)». Non è chiaro quali siano questi passi, ma subito dopo si legge: «Noi speriamo in una rapida soluzione della vicenda in base alle norme internazionali riconosciute». Forse, fra le righe, si appoggia, con troppa cautela, l'Italia che giudica illegale il processo in India a Latorre e Girone.
Subito dopo, però, arriva la doccia fredda. Secondo Popowski non «è appropriato» che l'Unione Europea intervenga direttamente sul caso che è affare interno della giustizia indiana.
Poi si ribadisce che alla vicenda «si continuerà a dare la massima priorità nei nostri contatti con la controparte indiana». I risultati si vedono.
Dalla Farnesina si sottolinea che «i passi effettuati presso
le autorità di New Delhi, riportati nel documento, sono una ulteriore conferma di questo impegno e la determinazione più volte manifestataci a Bruxelles di facilitare l'esito positivo della vicenda».www.faustobiloslavo.eu
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