Il marchio italiano potrebbe sparire

L'azienda - 18mila dipendenti, oltre 2 miliardi e mezzo di euro di fatturato - ha perso il 35 per cento di clienti. E, anche se "la società è solida", potrebbe fallire "come marchio"

Il marchio italiano potrebbe sparire

Genova - La decisione definitiva è in programma a fine marzo, in occasione di un vertice di Carnival Cruise, la compagnia proprietaria di Costa Crociere. Ma è chiaro che l’incendio di ieri a bordo della «Costa Allegra» in navigazione nell’Oceano Indiano incrementa le voci sulla cancellazione del marchio italiano a favore della concentrazione nel «brand» americano. Oltre tutto, in presenza di un mercato croceristico che, in questi primi mesi dell’anno, continua a «tirare» - più 30 per cento circa le prenotazioni rispetto allo stesso periodo del 2011 - mentre Costa Crociere, già all’indomani della tragedia della «Concordia» davanti all’Isola del Giglio, ha subito una flessione consistente di aspiranti viaggiatori. Lo conferma l’amministratore delegato e presidente di Costa Crociere, Pier Luigi Foschi, secondo cui l’azienda - 18mila dipendenti, oltre 2 miliardi e mezzo di euro di fatturato - ha perso il 35 per cento di clienti. E, anche se «la società è solida», potrebbe fallire «come marchio». La conclusione lapidaria di Foschi: «Lavoreremo sodo affinché queste preoccupazioni svaniscano in tempi ragionevoli. Cancellare il brand è l’ultima cosa che vorrei». Intanto, però, Carnival annuncia che a febbraio 2013 invierà la nave «Destiny» nel Mediterraneo. L’ipotesi più accreditata negli ambienti marittimi è che sia la prova tecnica per una futura «Carnival Cruise Line Italia». Tanto basta per aumentare i timori, in particolare a Genova, dove Costa ha la sede generale in un palazzo del centro appena ristrutturato con soluzioni d’avanguardia dal punto di vista architettonico e ambientale.

Ridimensionare o addirittura cancellare Costa a Genova significherebbe migliaia di posti di lavoro in meno, fra diretto e indotto. Destino cinico e baro, dopo che il 2011 era stato archiviato come uno degli anni più produttivi, nonostante la crisi globale.

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