Morsi fa il furbo: con un trucco si è già ripreso i «superpoteri»

Il contestato decreto cancellato e sostituito da uno simile. L'opposizione furiosa continua le proteste e pretende la cancellazione del referendum costituzionale

Proteste contro il presidente Morsi al Cairo
Proteste contro il presidente Morsi al Cairo

Il decreto scompare, la truffa rimane. La mossa con cui il presidente Mohammed Morsi finge di spogliarsi dei poteri assoluti è solo un imbroglio. L'opposizione egiziana lo sa e per questo non abbandona la piazza. Ma stavolta la sfida è molto più pericolosa. Ora a difendere Morsi non ci sono più solo i «barbuti» dei Fratelli Musulmani, ma anche i generali. Il comunicato di sabato con cui l'esercito invita tutti al dialogo ipotizzando, in caso contrario, conseguenze «disastrose» è un'aperta minaccia agli oppositori vergata da un vertice militare passato fin dallo scorso agosto dalla parte dei Fratelli Musulmani. Una minaccia sottolineata ieri mattina dal rombo degli F16 sfrecciati sopra le teste degli oppositori.

Per comprendere il nuovo «no» dell'opposizione a Morsi basta guardare al referendum sulla Costituzione previsto per il 15 dicembre. Senza il decreto che lo svincolava dal controllo della magistratura Morsi non avrebbe mai potuto convocare un referendum costituzionale così a breve termine. Dunque annullare l'editto del 22 novembre senza cancellarne il principale effetto equivale a un raggiro, che punta a garantire il varo di una Costituzione basata sul Corano. Una Costituzione che come «twitta» il Nobel per la Pace Mohammed ElBaradei «limita i nostri diritti e le nostre libertà». La bozza, approvata da un'Assemblea Costituente dominata dai fondamentalisti, prevede l'ingerenza delle autorità religiose nella stesura delle leggi, l'intervento dello Stato in tutte le questioni etico-morali e la subordinazione delle libertà femminili alle regole della tradizione islamica. Ma pensare che quella bozza illiberale possa venir fermata dal referendum di sabato è un'utopia. L'unica forza in grado d'indirizzare il voto delle grandi masse sono infatti i Fratelli Musulmani. Per questo le forze laiche, liberali e copte del Fronte di Salvezza Nazionale hanno ripreso ieri le proteste intorno al Palazzo presidenziale chiedendo la cancellazione del referendum. Ma la mossa è ad alto rischio. I militari, già intervenuti per sigillare il palazzo dietro una muraglia di cemento difesa da carri armati potrebbero usare il pugno di ferro.

Dallo scorso 12 agosto le Forze Armate sono sotto il controllo di un manipolo di generali legati ai Fratelli Musulmani. Quel giorno il comandante dell'intelligence militare, generale Fattah Al Sissi, attuale capo delle Forze Armate, guidò il «pronunciamento» che costrinse alle dimissioni il Feldmaresciallo Hussein Tantawi e i suoi alleati all'interno del Consiglio Supremo delle Forze Armate. Fu l'atto finale di un'infiltrazione iniziata durante l'era di Mubarak, la cui sofisticata capillarità è dimostrata dalle rivelazioni secondo cui i Fratelli Musulmani controllavano persino il generale Abbas Mekheimer, il mastino del Consiglio Supremo incaricato, in teoria, di vigilare sulle formazioni islamiste. Dal 12 agosto, grazie alla nomina ai vertici di esercito, marina ed aviazione di generali allineati con la Fratellanza, le forze armate sono dunque allineate con il regime e pronte a difenderlo.

In cambio di questa loro disponibilità i generali sono già stati premiati. La nuova bozza Costituente garantisce il mantenimento di tutte le passate prerogative dei generali. A partire da quella che vieta al Parlamento e a qualsiasi istituzione il controllo dei loro bilanci.

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