Obama punta sulle donne Romney sugli anziani. Decideranno i fedelissimi

Tra Stati chiave in bilico e altri sicuri tornati in discussione, l'unica certezza è che vince chi porta alle urne i ceti sociali di riferimento

New York - Obama è in rimonta. Romney è in rimonta. È un rincorrersi frenetico di sondaggi che vengono sparati a raffica da ogni angolo degli Usa. Confermano per smentire che il presidente democratico è saldamente in testa in tre Stati-chiave dell'Ohio, Iowa e New Hampshire che gli assicurerebbero matematicamente la rielezione alla Casa Bianca. E poi arrivano altri exit poll che smentiscono per confermare che Romney è in netta ripresa e sarebbe ora addirittura alla pari in Pennsylvania, in Michigan e in Virginia.

E se il candidato repubblicano vincesse inaspettatamente al fotofinish, per una manciata di voti, questi tre Stati solitamente democratici, con la vittoria in Florida che sembra probabile come dicono diversi sondaggi, alla Casa Bianca ci andrebbe per la prima volta un mormone. E Romney diventerebbe il presidente americano più ricco di sempre, con una fortuna personale stimata intorno ai 25 milioni di dollari. Poi, tanto per confondere gli ultimi elettori indecisi di quei nove Stati «in bilico» (la Florida e l'Ohio su tutti), dove si vincerà o si perderà la Casa Bianca per un pugno di voti, come accadde nel 2000 tra Bush e Al Gore, a meno di 24 ore dal voto ci sono anche sondaggi super scientifici e accurati che danno Obama e Romney perfettamente in pareggio. La Rasmussen Poll, uno dei più prestigiosi d'America, ha reso noto ieri che i due sfidanti sono alla pari a livello nazionale: 49 per cento per entrambi. Ma non è tutto. Nel rush finale emergono piccole, ma importanti differenze tra gruppi sociali ed etnici che possono determinare il risultato finale. Il democratico Obama risulta così il preferito tra le donne, con una percentuale del 6 per cento e il repubblicano Romney dagli uomini per il 7%. Il 20% degli elettori bianchi opta per Romney, mentre Obama raccoglie il 59% delle preferenze tra gli altri elettori. Come nelle presidenziali del 2008, i giovani per il 25% sono favorevoli a Obama, mentre le persone più avanti con gli anni, il 12% preferiscono Romney. E così, nell'ultima galoppata elettorale, gli analisti sostengono che la maggioranza degli elettori bianchi abbia voltato le spalle al presidente che ha puntato tutto su giovani, donne nubili, ispanici e neri che però sono meno propensi, per vari motivi, ad andare alle urne rispetto agli elettori della borghesia bianca e agli anziani.

Vince la Casa Bianca chi saprà conquistare il maggior numero di Stati e non chi otterrà la maggioranza dei voti come in un sistema proporzionale. Quindi per Romney ieri è arrivata una buona e inaspettata notizia dalla Pennsylvania, dove Obama da sempre era dato in testa. Secondo un sondaggio della Tribune-Review, ora i due candidati sarebbero statisticamente alla pari: 47 per cento per entrambi. E anche dal Michigan, Stato dove è nato 63 anni fa e suo padre George, fu un popolare governatore, Romney ieri ha avuto un'altra grande notizia. È inaspettatamente alla pari con il presidente Obama, 46% per entrambi, secondo l'exit poll della Foster McCollum White Baydoun.
Che dire: se i sondaggi nazionali della Rasmussen e dell'Abc-Washington Post ci azzeccheranno, Obama e Romney potrebbero davvero finire in pareggio: 269 delegati a testa. Un fatto davvero insolito ma non senza precedenti in cui i grandi elettori andrebbero poi ad eleggere il presidente.

Come nel 1824. John Quincy Adams andò alla Casa Bianca grazie alla maggioranza dei deputati del Congresso che lo elessero (è quanto prevede la Costituzione americana). «Il pareggio ha la probabilità dell'1%», dice il professore di statistica Robert W. Bennett della Northwestern University dell'Illinois. E sarebbe una manna dal cielo per Romney, in quanto i repubblicani hanno ora una larga maggioranza in Congresso.

Mitt, il mormone, andrebbe alla Casa Bianca al ripescaggio, così come accadde anche nel 1800, quando Thomas Jefferson venne eletto presidente dai rappresentanti del Congresso dopo essere finito alla pari con lo sfidante Aaron Burr.

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