Ben Bernanke fa proprio l'appello di Obama al Congresso e chiede che sia innalzato il tetto del debito pubblico degli Stati Uniti, attualmente fissato a 16.400 miliardi di dollari, pena il materializzarsi dello spettro del default. Il presidente della Federal Reserve ha tenuto un discorso all'Università del Michigan e ha sostenuto, facendo eco a quanto diffuso il giorno prima dalla Casa Bianca, che innalzare il debt ceiling «non crea nuova spesa ma permette al Paese di onorare i debiti già contratti». Poi ha riconosciuto i vantaggi ottenuti con l'accordo fiscale di Capodanno, ma ha ricordato che anche se il fiscal cliff è stato evitato e il rischio di una nuova recessione allontanato «non siamo fuori dai guai» e le grandi sfide, soprattutto quella della sostenibilità del debito pubblico, devono ancora essere affrontate e risolte.
A precisare i motivi delle pressioni di Obama ha provveduto il segretario al Tesoro uscente Timothy Geithner con una lettera al Congresso in cui fa presente che «tra la metà di febbraio e l'inizio di marzo» si esauriranno gli effetti delle misure straordinarie da lui attivate che consentono al governo americano di finanziare il debito. In altre parole di pagare gli 80 miliardi di dollari mensili destinati tra l'altro a servizi essenziali come pensioni, sistemi sanitari, salari di militari e dipendenti federali.
Geithner, in altre parole, ha ricordato quanto è già noto agli osservatori e cioè che entro marzo verranno al pettine i nodi che l'accordo di Capodanno ha semplicemente rinviato. Ma l'insistente appello al Congresso per l'innalzamento del limite del debito, fissato per legge per la prima volta nel 1917 dal presidente Wilson, cozza contro una contraddizione di fatto. Il debito pubblico degli Stati Uniti, infatti, è aumentato considerevolmente nel corso degli anni come ricorda la rivista Forbes e in particolare negli ultimi trent'anni è cresciuto il doppio degli introiti fiscali. Peggio ancora se si concentra l'attenzione solo sull'ultimo decennio, nel quale secondo i dati di Forbes la spesa federale è cresciuta due volte più dei ricavi.
La rivista finanziaria mette in guardia dal rischio che ciò che Obama, attaccando i repubblicani lunedì, ha definito «il cosiddetto tetto del debito», possa diventare assai reale. E questo perché se è vero che finora l'impatto del debito pubblico è stato contenuto grazie a tassi d'interesse straordinariamente bassi che permettono alla Federal Reserve di acquistare ogni mese decine di miliardi di dollari di buoni del Tesoro, nulla garantisce che questa favorevole contingenza continuerà nel futuro. Se i tassi salissero, come sembra possibile, dall'attuale 3% al 6%, le sole spese per gli interessi supererebbero il bilancio del sistema sanitario Medicare, avverte Forbes.
Ma non è neppure il caso di tralasciare quanto fece nel 2006 l'allora giovane senatore democratico Barack Obama quando George W. Bush, suo predecessore repubblicano alla Casa Bianca, chiese al Congresso un rialzo del tetto del debito, ossia ciò che Obama va chiedendo oggi.
Il futuro presidente votò contro e non si lasciò sfuggire l'occasione per infierire su Bush ricorrendo a una storica citazione di Harry Truman, che vi era tanto affezionato da tenerla sulla sua scrivania nello Studio ovale sotto forma di cartello: leadership, disse allora Obama, significa che «the buck stops here», che più o meno significa «alla fine decido io» (ma c'era anche un sottile doppio senso, visto che buck vuol dire popolarmente dollaro). Il destino, alle volte, si incarica, se non di fare giustizia, di ironizzare anche sui grandi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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