Quando Obama diceva: "Il web dev'essere libero"

Nel 2012 ne fece un cavallo di battaglia. Mentre i suoi 007 spiavano Google e Yahoo

Quando Obama diceva: "Il web dev'essere libero"

«Lo so la libertà di internet è qualcosa a cui tutti tenete e, credetemi, ci tengo pure io». Parola di presidente. Anzi parole di Barack Obama pronunciate nell'agosto del 2012, in piena campagna per la rielezione. Parole in piena sintonia con i peana sulla trasparenza digitale, la libertà della rete e la sua indipendenza dai controlli governativi intonati durante la permanenza alla Casa Bianca. Parole e promesse in libertà pronunciate dal presidente, ironia della sorte, mentre i suoi 007 risucchiavano non solo le comunicazioni di 35 leader internazionali, ma anche i dati di milioni di americani in transito sui cavi in fibra ottica di Yahoo e Google. Dati finiti nelle cassaforte elettroniche di Fort Meade, il quartier generale della National Security Agency.
Ma se sul fronte internazionale fa discutere il rifiuto dell'ambasciatore americano a Berlino John B. Emerson, di porgere le scuse all'Angela Merkel intercettata, si dice, per oltre 11 anni, sul fronte interno americano è la sottrazione di dati ai due giganti di internet a tenere l'Amministrazione con il fiato sospeso. L'ultimo scandalo è potenzialmente il più pericoloso per un presidente democratico abituato a presentarsi come un paladino della libertà digitale. Anche perché le rivelazioni del Washington Post rischiano - a differenza di quelle sulle intercettazioni all'estero - di compromettere definitivamente la fiducia dell'opinione pubblica (crollata nei sondaggi al minimo storico, il 42%, a causa in particolare del flop di Obamacare).

Soprattutto se il presidente non dimostrerà d'essere stato tenuto all'oscuro scaricando tutto, anche stavolta, sulle spalle degli 007. Sostenere di non saper nulla di Muscular, il nome in codice dell'operazione congegnata per controllare le conduttore digitali di Yahoo e Google non sarà però facile. Il risucchio dei segnali dalle fibre ottiche posate nell'oceano veniva effettuato, secondo il Post, in stretta collaborazione con il «Government Communication Headquarters», l'equivalente britannico della Nsa. Trattandosi di un'operazione internazionale condotta in sinergia con un alleato, il presidente dovrebbe dunque averla autorizzata. E allora Google e Yahoo potrebbero decidere, pur di non perdere la fiducia dei propri clienti, di aprire un contenzioso con il governo. Ovviamente l'ambito della disputa è quanto mai opaco e scivoloso. «Niente dimostra che la Nsa stia facendo qualcosa di illegale o di non richiesto. È legale. È necessario. Ed è autorizzato in ogni caso», ripete da 48 ore il capo della Nsa generale Keith Alexander.

L'ambigua dichiarazione può venir letta come l'implicito riferimento ad un via libera pronunciato dalla Casa Bianca o ad un accordo stretto con le aziende. Ipotesi, quest'ultima, subito smentita dalle compagnie. «Non offriamo ad alcun governo, neppure a quello degli Usa, l'accesso ai nostri sistemi. Siamo indignati nel constatare dove si sia spinto il governo», fanno sapere i portavoce di Google. E anche quelli di Yahoo dopo aver ricordato i severi controlli per proteggere la sicurezza dei propri dati, ribadiscono di non aver stretto accordi «né con la Nsa né con altre agenzie governative». Qualunque sia la verità quella tra la Casa Bianca e i giganti del web rischia comunque di rivelarsi una partita mortale.

Una partita in cui chiunque ammettesse di aver dato in pasto agli 007 i dati di milioni di americani sancirebbe la propria fine politica o commerciale. Una partita che alla fine, probabilmente, tutti cercheranno di non giocare.

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