«Desecretare tutto per fare luce sui tanti tentativi di depistaggio». È questo il mantra dentro il centrodestra per uscire dall'angolo in cui le vittime della strage di Bologna vorrebbero ingiustamente confinare maggioranza e governo. «Bisogna proseguire l'opera di desecretazione degli atti delle commissioni parlamentari d'inchiesta, per fare luce su ogni ombra del nostro passato e rendere giustizia a tutte le vittime del terrorismo», è l'auspicio del presidente del Senato Ignazio La Russa. Il 2 agosto 1980 alla stazione morirono 85 persone, 200 rimasero ferite: un «vile attentato che le sentenze hanno attribuito a una matrice neofascista», precisa la seconda carica dello Stato. Bisogna «sciogliere gli interrogativi ancora aperti sull'eccidio di matrice neofascista», ribadisce il presidente della Camera Lorenzo Fontana, un impegno che Fratelli d'Italia «sta provando a fare su alcuni documenti rimasti inaccessibili per troppo tempo», come assicura la vicecapogruppo Fdi alla Camera Augusta Montaruli.
Lo scorso 8 luglio la Corte d'Assise d'Appello di Bologna ha condannato all'ergastolo anche l'ex terrorista reggiano Paolo Bellini, l'ex Primula nera ladro di opere d'arte e killer di ndrangheta legato ad Antonino Gioè, già indagato per le stragi del '93 e l'attentato di Capaci. La condanna dell'ex Avanguardia nazionale, pizzicato in stazione dal video amatoriale Poltzer e sbugiardato sull'alibi dalla compagna del tempo, si aggiunge a quelle comminate agli ex Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, condannati all'ergastolo in via definitiva tra la fine degli anni '90 e il 2007 e di Gilberto Cavallini, il «quarto uomo» su cui deve ancora pronunciarsi la Cassazione.
Per la giustizia sulla strage, giunta all'apice della cosiddetta strategia della tensione, c'è la firma di tutta l'eversione nera dell'epoca, finanziata dal denaro sottratto dalla P2 di Licio Gelli al banco Ambrosiano di Roberto Calvi, con la copertura dei servizi deviati. Tra i mandanti, finanziatori e organizzatori del sodalizio criminale ci sarebbero anche il potente capo dell'ufficio Affari riservati del Viminale Federico Umberto D'Amato, l'imprenditore Umberto Ortolani e il giornalista Mario Tedeschi (morti e non più imputabili). Figure queste su cui occorre fare chiarezza rispetto al loro ruolo. Agirono da soli o su ordine di qualcuno? A orchestrare il depistaggio sarebbero stati l'ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli, accusato di false informazioni al pm.
Ma quali sono questi documenti da desecretare? E cosa si potrebbe nascondere in queste carte? Ci sono prove che possono sovvertire la matrice neofascista individuata dalle sentenze più recenti? Per esempio c'è un carteggio che copre il periodo luglio-settembre 1980 e riguarda «il post-Ustica, i missili Strela, il 2 agosto e la morte dei giornalisti Italo Toni e Graziella De Palo», dicono i legali di Cavallini. Come è emerso nel corso di questi anni, si sa della presenza sul luogo della strage di un terrorista tedesco «esperto di esplosivi e senza un alibi credibile», ricorda il deputato Fdi Federico Mollicone, legato al gruppo del terrorista venezuelano Ilich Ramirez Sanchez detto Carlos. Il giallo su cui ruota tutto il mistero è la scomparsa del corpo di una delle vittime, la giovane mamma di Montespertoli Maria Fresu. Mentre è ancora senza identità il cadavere della giovane donna a cui l'esplosione dell'ordigno strappò un lembo di volto. È possibile che, proprio per depistare le indagini, qualcuno fece sparire il corpo della Fresu, convinto fosse quello dell'attentatrice. La difesa di Cavallini chiese di interrogare Carlos e di procedere con un'integrazione della perizia genetica sui resti trovati nella tomba di Maria Fresu, ma il tribunale si oppose.
Le ultime desecretazioni volute dal governo di Mario Draghi rivelarono un'impressionante escalation di minacce di rappresaglie palestinesi se non fosse stato scarcerato Abu Saleh, referente dell'Olp a Bologna, arrestato nell'autunno del 1979 ad Ortona mentre trasportava missili terra aria.
Ma la condanna di Bellini, secondo il presidente dell'Associazione vittime della strage di Bologna, eliminerebbe completamente sia la pista palestinese, sia la pista di possibili spontaneisti armati. Ecco perché a distanza di 44 anni la verità giudiziaria non soddisfa pienamente la memoria degli 85 morti.
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