Sarkò: «Mi hanno voluto umiliare»

Torna o non torna? In attesa di sciogliere l'enigma sulla sua grande rentrée alla politica attiva - ma le parole di ieri lasciano intendere che l'ora X sta per arrivare - Nicolas Sarkozy è tornato: in televisione. Non accadeva da quando ha lasciato l'Eliseo, sconfitto nel 2012 dal socialista François Hollande. E stavolta è comparso nella veste di incriminato per corruzione attiva, traffico di influenze illecite e violazione del segreto istruttorio, reduce da 15 ore di fermo che gli hanno regalato il record di primo presidente della Quinta Repubblica a essere sottoposto all'umiliazione della custodia cautelare e a rischiare dieci anni di carcere. «Strumentalizzazione politica di una parte della giustizia»: le parole che l'ex presidente pronuncia su Europe 1 e Tf1 fanno un certo effetto, una sorta di gioco di specchi fra la Francia e l'Italia, in cui le battaglie politiche si incrociano con le vicende giudiziarie e culminano in inchieste da prima pagina e nelle accuse alla magistratura.
Provato ma combattivo, consapevole che la partita in gioco è quella che deciderà se la politica è un vecchio ricordo da archiviare o la possibilità di una storica rivincita personale, Sarko si è detto «scioccato» per le accuse, per «la volontà di umiliarmi» ponendolo in stato di fermo (l'ex ministro del Budget Jérôme Cahuzac, accusato di frode fiscale, «non ne ha fatto un secondo») e ha promesso che non sfuggirà alle sue responsabilità ma ha chiesto ai francesi: «È normale che io sia stato ascoltato nelle mie conversazioni più intime, mentre parlo col mio avvocato e che quelle conversazioni siano pubblicate violando il segreto istruttorio?». È la linea difensiva dell'ex presidente. Ed è la linea di una parte del partito, quella che lo sostiene, convinta che la mossa della magistratura sia a orologeria, studiata per frenare la sua voglia di tornare alla guida dell'Ump in vista delle presidenziali del 2017. Così è partito l'affondo contro la giudice Claire Thépaut, che istruisce il dossier con un'altra collega, ma unica additata dal centrodestra per la sua storica adesione al sindacato SM. Orientato a sinistra seppur minoritario, Syndicat de la magistrature è stato fra i più agguerriti critici dell'ex capo dello Stato, tanto da avergli inviato nel 2012 una lettera - firmata dal presidente Mathieu Bonduelle e letta ieri da Sarkozy in diretta - in cui si accusa l'ex presidente «di aver violato la separazione dei poteri, degradato la legge, travestito la realtà giudiziaria, denigrato il lavoro dei professionisti della giustizia».
Libero ma sotto indagine Sarkozy è stato prima intercettato, poi fermato e infine ieri incriminato per aver tentato di ricevere informazioni riservate sulla sua situazione processuale nell'affaire Bettencourt, l'inchiesta sui finanziamenti illeciti per le presidenziali del 2007. In cambio avrebbe promesso a un giudice della Cassazione, Gilbert Azibert, la carica di magistrato nel Principato di Monaco che -ha ricordato ieri- «non ha mai avuto». Accuse gravi, che stanno risvegliando però anche un pezzo di partito da sempre contrario alla linea Sarkozy, convinto che «adesso è troppo» ed è l'ora che «SuperSarko» si faccia da parte. Eppure lui sembra pronto alla riscossa: «La questione se rinunciare non si pone per me. Davanti al proprio Paese si hanno doveri e non diritti. Guardo con costernazione lo stato del Paese. Deciderò cosa fare dopo un periodo di riflessione».
Intanto Hollande si gode lo show.

Il presidente ha ricordato che «le due regole, i due grandi principi» sui quali poggia la sua azione sono «l'indipendenza della giustizia e la presunzione di innocenza». Ora non ha che da restare a guardare come se la caverà il suo rivale, di ieri e forse anche di domani.

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