Che i due leader della maggioranza, Berlusconi e Bossi, dei quali uno è pure presidente del Consiglio, chiedano al capo dello-Stato di licenziare il presidente della Camera, è fatto sicuramente anomalo e inedito. La Costituzione non lo prevede, il primo dei deputati è irremovibile, salvo il caso di comprovata incapacità tecnica. Ma la Costituzione, sia quella formale che, ancor di più quella sostanziale, non prevede neppure che il presidente della Camera diventi un soggetto politico attivo, anche qui sia nella forma che nella sostanza, e per di più ostile alla maggioranza e all’attività di governo. Fini è furbo, e gioca sulla separazione dei ruoli: quello istituzionale non va confuso con quello politico. Evidentemente ritiene che gli italiani siano tutti fessi. Ci sarà un motivo perché agli arbitri di calcio, metafora della vita, è impedito parlare, commentare, criticare le vicende pallonare? Certo che c’è. Chi si fiderebbe a far arbitrare un Inter-Milan a un fischietto che per tutta la settimana precedente parla male, insulta, boicotta i nerazzurri e consiglia invece la formazione ai rossoneri? Nessuno, ovviamente, anche se la domenica si comportasse da persona più che onesta.
Non cadiamo nel tranello burocratico formale di Gianfranco Fini e dei suoi uomini. Non tutto può essere stabilito in punta di diritto. Del resto i padri costituenti avevano escluso che la terza carica dello Stato un bel giorno si sarebbe seduta sullo scranno a sparare contro i suoi. Avevano ragione, tanto che fino a oggi non era mai successo. Ovvio che il presidente della Camera ha un passato, un presente e un futuro politico. Ma prima di Fini tutti lo avevano congelato, chi più nella forma che nella sostanza, i più onesti in entrambi i campi. Il che non voleva dire tacere, ma limitare gli interventi a parole di indirizzo, critica e richiamo generici e comunque mai riferiti a una sola parte del Parlamento. Perché è vero, come dice Bersani, che Berlusconi e Bossi non hanno nella loro disponibilità la presidenza della Camera.
Ma è anche vero il contrario, cioè che il presidente della Camera non ha nella sua disponibilità il governo, e neppure la maggioranza.
Quindi l’anomalia della richiesta a Napolitano è figlia di una anomalia precedente, sulla quale ovviamente Fini tace, minimizzando pure il potere politico (in realtà enorme, soprattutto in fase di interdizione) che i regolamenti gli attribuiscono. Questo Fini lo sa bene e se fosse intellettualmente onesto avrebbe posto lui la questione spontaneamente, per onore di chiarezza e di quell’etica politica alla quale si appella un giorno sì e l’altro anche.
È ovvio (caso Montecarlo a parte, semmai è un’aggravante) che il problema esiste. Berlusconi e Bossi, con il loro strappo, non credo vogliano violentare la Costituzione ma semplicemente portare la questione al livello più alto e in modo perentorio. Il capo dello Stato, sempre attento alle regole, non può più fare finta di niente.
Le condizioni politiche e personali che hanno dettato l’elezione di Fini sono cadute e il cuore del potere legislativo rischia una paralisi per un conflitto aggravato dall’annuncio della nascita di fatto di un nuovo partito, quello appunto del presidente, che cambia completamente lo scenario e l’equilibrio tra le forze.Napolitano non potrà certo licenziare Fini. Ma sa dare consigli, e l’ex leader di An ha sempre sostenuto che quelli del capo dello Stato sono preziosi, da ascoltare con molta attenzione.
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