Dopo la messa a punto di un nuovo farmaco in grado di rallentare l'avanzata della malattia, arrivano altre ottime notizie sul fronte della lotta all'Alzheimer: secondo i risultati di una ricerca ancora in fase preliminare, che viene presentata in questi giorni al meeting dell'American Heart Association di Boston, un nuovo vaccino che è stato sviluppato dall'Università di Juntendo, Tokyo, sarebbe in grado di colpire le cellule cerebrali che causano la malattia fino addirittura poter prevenirla o migliore il suo decorso.
Come funziona il vaccino
Fino a questo momento, gli espertimenti hanno dato ottimi risultati sui topi: si chiama Sagp ed è in grado di prendere di mira la glicoproteina associata alla senescenza che viene esperessa nelle cellule cerebrali infiammate legate all'Alzheimer. I primi risultati hanno dimostrato la netta riduzione dell'amiloide sui topi diminuendone i biomarcatori infiammatori e migliorando la consapevolezza degli animali dell'ambiente in cui vivevano.
"Prevenire o modificare la malattia"
"La malattia di Alzheimer ora rappresenta dal 50% al 70% dei pazienti affetti da demenza in tutto il mondo. Il nuovo test sui vaccini del nostro studio sui topi indica un potenziale modo per prevenire o modificare la malattia. La sfida futura sarà ottenere risultati simili negli esseri umani", ha affermato a Neurosciencenews l'autore principale dello studio, Chieh-Lun Hsiao, dell'University Graduate School of Medicine di Tokyo. Di fondamentale importanza sarà l'evoluzione di questa ricerca. "Se il vaccino potesse rivelarsi efficace negli esseri umani, sarebbe un grande passo avanti verso il ritardo della progressione della malattia o addirittura la prevenzione di questa malattia", ha aggiunto.
Gli esperimenti condotti sui topi hanno mostrato un miglioramento legato anche ad altre malattie legate all'età tra cui diabete di tipo 2 e arteriosclerosi con una diminuzione di altri biomarcatori infiammatori. E poi, un test sul comportamento ha certificato i risultati sui topi che hanno ricevuto il vaccino Sagp nei quali c'è stata una migliore risposta ambientale rispetto a quelli a cui era stato sommistrato il placebo dimostranto che, rispetto ad altri vaccini testati in passato, il Sagp è il primo a mostrare cambiamenti positivi sul comportamento.
Le terapie per l'Alzheimer
Contemporaneamente al vaccino, il prof. Alessandro Padovani, Direttore della clinica neurologica dell'Università degli Studi di Brescia, a ItalPress ha spiegato come poter rallentare il decorso della malattia con terapie ad hoc. "In questo momento agiamo con farmaci biologici che reagiscono contro la proteina dell'amiloide inducendo in alcuni casi reazioni che possono essere in qualche modo sfavorevoli", ha spiegato.
"Gli Stati Uniti sono più ottimisti di noi tanto che hanno recentemente approvato un farmaco che agisce allo stesso modo e verosimilmente potrebbero approvare in tempi abbastanza rapidi anche quest'ultimo - ha sottolineato - L'Europa è più cauta perché questi farmaci rallentano l'evoluzione della malattia, ma hanno anche un profilo di rischio che richiede una certa attenzione: non tutti i pazienti manifestano questo effetto favorevole e in alcuni si verificano fenomeni abbastanza gravi. Mantengo un ragionevole ottimismo, ma bisogna procedere con tutte le cautele del caso".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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