Per Fassino e D’Alema processo a porte chiuse

La Quercia è in calo di 4 punti nei sondaggi sulle intenzioni di voto

Luca Telese

da Roma

Direzione a porte chiuse, quella di oggi a Roma, per i Ds, la più difficile degli ultimi cinque anni, ancora più imprevedibile e aperta negli esiti, forse, di quella che seguì la sconfitta elettorale del 2001, e di quella che precedette il congresso di Pesaro. Dicono al Botteghino: questa scelta non è una novità (ed è vero) perché la «direzione» di oggi corrisponde al vecchio «direttivo», e non è certo la prima volta che i lavori si svolgono in forma riservata.
Ma certo, il messaggio che arriva alla base non è dei migliori, i panni sporchi non si lavano in una casa di vetro in cui tutti possono vedere, e il clima è rovente: i sondaggi danno il partito a picco nelle intenzioni di voto (meno 4 per cento), il Correntone, la minoranza dei Ds guidata da Fabio Mussi oggi sarà all’assalto della segreteria, sia sullo scandalo Unipol sia sulla questione del partito democratico (di cui Romano Prodi vorrebbe accelerare i tempi). Il vertice della Quercia è in piena conversione di rotta: dal «Io e Fassino colpevoli di nulla» (un grintosissimo Massimo D’Alema al forum de l’Unità domenica) al «Mi sono sbagliato, sono stato solo uno spettatore che non ha capito bene le cose per tempo» (un mestissimo Massimo D’Alema nel Porta a porta di lunedì). Ieri, per la prima volta, erano i dirigenti dei Ds che chiamavano per avere notizie, e non viceversa. La domanda di tutti i diessini di ogni segno e corrente: «Ma è vero che domani pubblicate le intercettazioni tra Consorte e D’Alema?»; «È vero che avete delle telefonate di Minniti?».; «È vero che domani ci sono i virgolettati di Nicola?» (ovvero Latorre, braccio destro del presidente Ds). Un’onda inarrestabile di incertezze e timori che ha incrinato la forza dei Ds alla vigilia del giorno più lungo. Per la prima volta dopo tanti anni il Correntone e la sinistra di Salvi hanno di nuovo delle carte in mano: hanno denuciato da mesi il rischio “questione morale”, sono l’unica classe dirigente estranea alla gestione economica e ai rapporti compromettenti. Ribadiscono la richiesta di un congresso straordinario sul partito, e forse potrebbero addirittura ottenerlo. E infatti ieri Fabio Mussi era durissimo: «Se ci sono due consoli, una minoranza petulante e tutto il resto è conformismo - sostiene il leader della minoranza ds - quando i consoli sbagliano i loro errori diventano irrimediabili. In un partito, la democrazia, la collegialità e la partecipazione non sono degli optional, ma elementi essenziali per correggere gli errori in corso d’opera. Oggi, gli strumenti per fare questo mancano». Insomma, nessuno sconto, e un avvertimento: «Riconoscere gli errori è doveroso , ma i limiti del consolato sono quelli di un indebolimento del sistema di allarme. È un errore grossolano aver presentato i Ds e l’Unipol come un unico complesso; se a 90 giorni dal voto siamo in questa situazione invece di essere all’attacco, non può essere solo colpa degli avversari o del destino cinico e baro». La sinistra, in queste ore, ha scelto fino ad oggi di non accentuare i suoi toni polemici sui giornali. Tutto quello che c’è da dire - spiegano gli spin doctor della corrente - verrà detto nelle sedi di partito. Mussi conclude la sua esternazione difedendo i dirigenti coinvolti ma aggiunge: «Non è scontata una soluzione unitaria». Se questo è il clima che si respira in casa della Quercia, ci si può immaginare quello che serpeggia fuori, tra gli alleati. L’incontro di oggi del presidente dei Ds con D’Alema e Fassino ha prodotto un effetto di rassicurazione e di immagine, ma non ha prodotto novità politiche.

Lo stesso Prodi ha commentato definendolo: «Un giro d’orizzonte su tutti i problemi, decisioni nessuna ma solo uno scambio di opinioni estremamente utile e importante». Oggi il giro di triangolazioni si chiuderà con il faccia a faccia di Rutelli. Ma anche il progetto del partito democratico passa per la direzione di oggi.

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