Fassino perde la testa: "Il Giornale come i nazisti"

Luca Telese

da Roma

Ecco, rileggetela anche voi questa frase di Piero Fassino, parola per parola. Possiamo assicurarvelo, non si tratta di uno scherzo, l’ha pronunciata davvero: «Il Giornale utilizza la strategia di Goebbels, il capo della propaganda di Hitler, che ogni giorno diceva calunnia calunnia per distruggere gli avversari e in modo che alla fine qualcosa rimanesse».
Il segretario dei Ds ha messo in atto questo simpatico, sgangherato e disperatissimo tentativo di confondere le acque durante un forum sul sito dei Ds, ieri. Il pretesto per paragonare questo giornale alla propaganda del III Reich e i suoi lettori ai giovani infatuati della Hitlerjugend del regime più sanguinario nella storia dell’umanità, lo ha tratto da un nostro scoop: la pubblicazione della famosa telefonata tra il presidente dell’Unipol Giovanni Consorte e lo stesso segretario della Quercia (attenzione: solo una delle diciassette intercettate dai magistrati).
Non è una novità, a dire il vero: il leader dei Ds usò il lusinghiero accostamento (la fantasia non è la sua dote migliore) anche per il direttore del Tg1, Clemente J. Mimun (24 gennaio 2004). Il bello è che lo stesso Fassino (quando era convinto che non potesse accadere per via dell’immunità di cui gode in quanto deputato) aveva detto: «Vorrei che quelle intercettazioni fossero divulgate».
Se si pensa che il segretario dei Ds evoca a sproposito i signori dell’Olocausto solo per togliersi dall’imbarazzo di una conversazione inopportuna, si capisce perché ieri - rimangiandosi tutto - affermasse perentorio: «Si chiede a me di giustificarmi per una telefonata che non ha da essere giustificata in nessun modo».
È chiaro che, in mancanza di un addebito penale o di qualsiasi ipotesi di reato (né i magistrati, né questo giornale lo hanno mai ipotizzato), a creare problemi al leader è il fatto che la base Ds abbia potuto apprendere il contenuto politico di quel dialogo: Fassino non solo fa «il tifo» per la scalata Unipol («Abbiamo una banca?») cosa che questa estate negava, e declassava a semplice simpatia; non solo si informa nel dettaglio sulla scalata e dà consigli operativi («Prima portiamo a casa tutto»), ma soprattutto rivela la sua intimità assoluta con il manager rosso, che all’epoca descriveva come un genio e un eroe, e ora è costretto a dipingere come una mela marcia o un appestato (D’Alema, almeno, non si rimangia le sue parole). Ecco spiegato l’imbarazzo, il tentativo di distogliere l’attenzione dai contenuti, il passaggio dall’invito in stile glasnost alla pubblicazione della sbobinatura, al perentorio «Quella telefonata non ha da essere giustificata». E aggiungeva: «Se la registrazione è stata ritenuta irrilevante dai magistrati, perché non è stata distrutta?» (lamentela che tradisce una speranza disillusa).
Non è finita. Tutto era iniziato già di mattina quando Vannino Chiti, a Omnibus aveva dato a a Silvio Berlusconi del «bugiardo e provocatore», accusandolo di essere responsabile «degli schizzi di fango» che avevano colpito i Ds. Nel pomeriggio Fassino drammatizzava ancor di più: «Quella telefonata non è stata resa pubblica dai magistrati ma da un'azione di provocazione illegale de Il Giornale che conduce una campagna odiosa giorno dopo giorno contro il centrosinistra e i Ds».
Tutto qui? Macché, ce n’è ancora: «Il quotidiano della famiglia Berlusconi - ha aggiunto - è lo stesso che per mesi ha condotto un’analoga campagna di menzogne su Telekom Serbia, sostenendo che io, Prodi e Rutelli avevamo dei conti bancari segreti su cui erano state versate le tangenti per la vendita della compagnia telefonica. Una campagna completamente falsa, e sulla quale - ha concluso Fassino - mai il direttore de Il Giornale ha avuto il coraggio e il pudore di chiedere scusa».
Parole di fuoco ribadite ancora una volta in prima serata, nel corso del programma DopoTg1 di Mimun.
Il direttore di questo quotidiano, Maurizio Belpietro, ha risposto ieri sera, a stretto giro di posta: «Fassino prima di parlare dovrebbe studiare un po’ di più e forse eviterebbe di parlare di Goebbels. Ma se studiasse un po’ di più avrebbe idee più originali e, soprattutto, eviterebbe di ripetersi». E poi, su Telekom Serbia: «Rispolvera la vicenda? Allora - osserva Belpietro - vorrei ricordargli che non ha ancora spiegato perché, da sottosegretario agli Esteri, non ascoltò le raccomandazioni dell'ambasciatore Bascone, il quale lo invitò a non procedere nell'operazione poiché i soldi derivanti dalla vendita della compagnia telefonica serba sarebbero finiti nelle mani di persone screditate o nelle tasche di criminali di guerra. Fassino ne parli evitando di dire le sciocchezze su Goebbels».
Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia, ieri osservava: «Il tempo ci dirà le ragioni di questo delirio». E Sandro Bondi aggiungeva: «Siamo fiduciosi che Fassino giungerà prima o poi a una forma di ripensamento o autocritica».
Ma il dubbio restava: perché questo gioco al rialzo? Le ipotesi sono due. La prima è semplicissima: alzando il tiro, nascondendo i contenuti e il suo imbarazzo sotto la cortina fumogena del terribile complotto berlusconiano, il segretario dei Ds vuole costringere il suo elettorato (in calo nei sondaggi tra i 2 e i 4 punti a seconda degli istituti) a serrare i ranghi, accantonare i dubbi, a far quadrato intorno a lui.

La seconda - confermata da tanti segnali di nervosismo dei dirigenti diessini che avevano rapporti con Consorte è che saltino fuori nuove imbarazzanti intercettazioni. Così, la caricaturale rappresentazione di un Watergate goebblesiano, è il deterrente per scongiurare nuove fughe di notizie.

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