La favoletta dell’insicurezza «percepita»

Ormai dovrebbe essere ben chiaro a tutti che la distinzione fra insicurezza «percepita» e «reale» è capziosa e strumentale. È un gioco di parole giornalistico buono per la polemica politica e che sottintende una sorta di paranoia dell'opinione pubblica. Comunque è una distinzione smentita, poi, dalle statistiche sulla criminalità, le quali regolarmente dimostrano che la gente non «percepisce» altro che la «realtà», che il diffuso senso di insicurezza è fondato sui fatti e non su incubi indotti dalla propaganda della destra. Tuttavia anche chi crede alla favoletta della insicurezza «percepita» deve ammettere che la presenza dei soldati nelle strade della città, a fianco di poliziotti, serve quanto meno a dare una «percezione», appunto, di maggiore controllo del territorio. Ma questa operazione non ha solo una funzione simbolica, non vuole solo manifestare l'impegno dello Stato per la sicurezza dei cittadini (e già non sarebbe poco), giacchè supplisce concretamente a riconosciute carenze di organico della polizia - tra l'altro disimpegnandola dalla vigilanza ai cosiddetti «obiettivi sensibili» - concentrando questo impegno là dove ce n'è più bisogno, nelle principali città. Perciò bene, anzi benissimo ha fatto Milano a non sollevare alcuna obiezione all'iniziativa, accolta dai milanesi col consueto pragmatico e frettoloso consenso.

Mentre incomprensibili sono i distinguo di Roma: «Soldati sì ma non in centro, perché spaventerebbero i turisti», come se un giapponese o un americano sapesse distinguere un carabiniere da un lanciere di Montebello. Per non parlare dei rifiuti palesemente strumentali e propagandistici come quello di Genova, ai quali risponderanno i fatti.

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