Federalismo tra cicale e formiche

Bizzarrie e incongruenze della cronaca, che prima o poi diventa storia: proprio mentre vara il mitico e tanto atteso federalismo fiscale (che tutti si affrettano a definire «solidale») il governo elargisce manciate di milioni ad amministrazioni locali dissestate, indebitate o sull'orlo del fallimento: da Roma a Catania. E per quelle attente ai conti e con i bilanci in ordine? Al massimo una bella pacca sulle spalle. È un comportamento discriminatorio e ingiusto dello Stato, istigazione a fare debiti, tanto poi provvede Pantalone. Col federalismo fiscale, inoltre, saranno elargiti ulteriori privilegi economici e amministrativi a «Roma capitale», la quale da tempo già dispone, a questo stesso titolo, di un fondo speciale e di agevolazioni di bilancio. Di questi tempi si fa anche un gran parlare di meritocrazia, principio sacrosanto che però lo Stato si guarda bene dall'applicare ai rapporti con gli enti locali, visto che premia quelli che sperperano a spese dei virtuosi. E invece il principio base, non solo del federalismo fiscale ma comunque del corretto rapporto fra l'amministrazione centrale e quelle periferiche, dovrebbe essere esattamente il contrario: premiare le formiche con i bilanci in ordine e punire le cicale spendaccione. Il federalismo nasce con l'obiettivo di responsabilizzare nella gestione delle risorse: ebbene la via più sicura e diretta per arrivare alla tanto decantata responsabilizzazione è proprio quella che passa per il nodo premio ai virtuosi e castigo agli spendaccioni.

Che non vuol dire abbandonare le cicale al loro destino ma metterle in condizioni di non sperperare più. Privandole, se necessario, di parte della loro autonomia. L'aggettivo «solidale» che viene forzosamente associato al sostantivo «federalismo» non può diventare un alibi per la spesa irresponsabile.

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