Festivalfilosofia Capire l’anima curando il corpo

Duecento appuntamenti con i «guru» del pensiero contemporaneo

Erotico, sensuoso, sempre innamorato, il vecchio Socrate lo sapeva meglio di chiunque altro. E meglio di tutti lo seppe dire quando disse - riferirono gli allievi sedotti da colui che mai scrisse una riga - «so di non sapere». Non era una rinuncia né un resa. Non fu una sentenza definitiva o conclusiva. Era una dichiarazione d’amore. Il primo passo di un corteggiatore ardito. L’inizio di un intrigantissimo ménage, se è vero, com’è vero, che filosofia, «amor di sapienza», altro non è che l’antica parola magica per dire la smania di conquista, la brama di possesso, l’appassionato corteggiamento di ciò che non si ha e tanto, tanto si vorrebbe avere. La «Felicità», la «Bellezza», la «Vita», la padronanza del «Mondo», il piacere dei «Sensi», il riconoscimento e l’approvazione dell’«Umanità»: tanto si è voluto e festeggiato nelle edizioni precedenti. Ma stavolta alla prima e alla più filosofica delle passioni è dedicato il Festivalfilosofia di Modena, Carpi e Sassuolo che si apre domani e prosegue fino a domenica. È espressamente intitolato al «Sapere», infatti, da sempre e per sempre oggetto del desiderio dei filosofi.
Oggetto tanto più affascinante quanto più oscuro. Non possono pertanto che accrescere l’appeal di una manifestazione che molto ha già dimostrato di piacere - riprova ne sia l’affluenza dei visitatori, accorsi in numero di centomila solo l’anno passato - la varietà, la vaghezza, la maliosa indeterminatezza dei desiderata, sottoposti alle voglie del pubblico invitato. Che si dica di maiuscola Verità o di saggezza, di abilità tecnica o conoscenza scientifica, di sostanza o di pietanza, di arti, trucchi, ricette, teorie, pur sempre di filosofia si può trattare. Ammesso che a trattarne siano, magistralmente, i maestri della teologia e dell’etica, dell’ontologia e dell’estetica. Gli esperti delle discipline sociali, politiche, antropologiche. Vale a dire Gianfranco Ravasi e Jeremy Rifkin, Zygmunt Bauman e Marc Augé, Emanuele Severino e Fernando Savater, James Hillmann e François Jullien, Francesca Rigotti, Silvia Vegetti Finzi, Roberta De Monticelli... Chiamati a esporre dalla cattedra i misteri della fede, i dubbi dell’etica, gli arcani della natura, gli enigmi della mente. O a esibire sulla tavola - imbandita come gli altri anni dai menù a tema ideati da Tullio Gregory - le tentazioni della gola.
Se poi si vogliono guardare come esercizio didattico, esperimento pedagogico, insegnamento propedeutico per i più piccini e per i non addetti ai lavori tutti i giochi organizzati nel corso della tre giorni nelle piazze, le strade e i cortili della provincia modenese - Caccia al tesoro, Carta forbice sasso, Colla arnesi e fantasia, Facce dipinte e maschere per danzare... - allora davvero tutto quanto è filosofia. Perfino il socratico «philo-bus» che, ignaro di destinazioni ultime, saprà a memoria il percorso e viaggerà alla cieca fra i tre comuni emiliani trasportando gli ospiti e i partecipanti. Perfino la «razionsufficiente» di cui dovranno accontentarsi quelli che amano i prodotti tipici della gastronomia regionale, offerti per 4 euro dentro il cestino che le è dedicato.
Più generosa - e per di più gratuita - è invece l’offerta pensata dalla direttrice del festival, Michelina Borsari, e proposta per la prima volta quest’anno in un cesto di ciliegie. «Ilcestodiciliegie», per meglio dire. L’associazione cioè che, per «Meglio sapere» - così lo slogan scelto per presentarsi al Festival - darà a tutti e tutte l’opportunità di sottoporsi a una breve visita medica informativa e preventiva. Misurazione della pressione sanguigna e del girovita (se ne occuperanno venerdì a Modena «Gli amici del cuore»), mammografia, ecografia, esame senologico (sabato pomeriggio a Carpi e domenica mattina a Sassuolo) costituiranno la prova pratica - più concreta di così! - di un’esplorazione di quell’ignoto che più direttamente, personalmente, intimamente ci riguarda.
È, ci pare, tra le iniziative più filosofiche della manifestazione. Perché, vestano anche il camice del chirurgo o del cardiologo, dell’oncologo o del ginecologo, è pur sempre il polso dell’essere che sono lì per prendere gli specialisti a disposizione del pubblico. Ed è con gli interrogativi cui la filosofia non ha mai dato, né può dare, una risposta che stimolano a confrontarsi. La passione vitale e le sue patologie. La cura e la responsabilità. L’identità, la singolarità (o la diversità?) del malato. L’ansia di conoscere e l’angoscia di sapere. La solitudine esistenziale, l’incomunicabilità linguistica, l’estraneità e l’indicibilità del male. Sono motivi ardui: duri, hard, fastidiosi finché si vuole, imbarazzanti a costo e al limite di guastare la festa. Ma tutti squisitamente filosofici.
Li nomina uno dopo l’altro con la sicurezza di una prof. di fronte agli studenti Maura Malpighi che, presidentessa e fondatrice dell’associazione Onlus «Ilcestodiciliegie», passata - e uscita salva - attraverso l’esperienza del tumore al seno, parla con cognizione di causa. Ci dice del muro di linguaggio che si innalza tra il paziente e gli amici, i parenti o i conoscenti più vicini. Ci dice dello choc per la psiche, del trauma per il corpo, del colpo inferto dalla malattia che sarà bene armarsi per affrontare. «L’arma più potente per sconfiggerla è - dice, guarda caso - il sapere».

E: «Per me sapere, prima ancora che diagnosi e prognosi - prosegue -, significa informazione e prevenzione». È il suo consiglio: un’opinione. Ma, visto il contesto anche una fondamentale verità: da prendere con filosofia.

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