La fiaccola dell'anarchia contro il buio comunista

In un volume gli articoli che l'intellettuale libertario, socialista e soprattutto democratico scrisse per il Giornale di Montanelli. Dal '77 all'83 con la rubrica Le parole e la loro storia spiegò la politica di un secolo

La fiaccola dell'anarchia contro il buio comunista

Al compromesso storico degli anni Settanta in Italia - l’insano abbraccio fra la Dc e il Pci - va certamente riconosciuto il «merito» di aver favorito l’incontro culturale fra lo storico Pier Carlo Masini e il giornalista Indro Montanelli. Un sodalizio del tutto originale, data l’identità politico-ideologica dei due personaggi: il primo, Masini, ex anarchico approdato su posizioni socialiste-libertarie, il secondo, Montanelli, principe del giornalismo italiano ed esponente di spicco dell’intellettualità liberal-conservatrice.
Il sodalizio, a prima vista anomalo, fu in realtà un esito del tutto logico, perché si configurò come una delle tante risposte al clima latentemente totalitario instauratosi in Italia proprio a seguito del legame fra i cattolici e i comunisti. Dal 1977 al ’83 Montanelli ospitò sul Giornale nuovo una rubrica affidata a Masini, «Le parole e la loro storia», dove questi propose una serie di articoli riguardanti la storia e il significato di alcune parole-chiave del ’900: da «egemonia» ad «anarchia», da «ideologia» a «imperialismo», da «fascismo» a «pacifismo», da «socialismo liberale» a «centralismo democratico» che ora, con molte altre, si trovano tutte raccolte in un volume a cura della Biblioteca Franco Serantini di Pisa: Le parole del Novecento (introduzione di Giorgio Mangini, pagg. 220, euro 14).
Masini, nato San Casciano Val di Pesa nel 1923 e morto a Bergamo nel ’98, dopo aver militato nel movimento anarchico italiano anche con incarichi di responsabilità - dal 1948 al 1950 fu redattore del settimanale Umanità Nova -, passò, alla fine degli anni ’50, nelle fila del Partito socialista per poi aderire, un decennio più tardi, al Partito socialista democratico italiano. Sinceramente socialista e libertario, ma anche irriducibilmente anticomunista, Masini, che si era laureato in Scienze Politiche a Firenze nel ’46, aveva via via spostato i suoi interessi verso gli studi storici, divenendo uno studioso di primo piano del movimento operaio, del socialismo e dell’anarchismo.
Il sodalizio con Montanelli avvenne sotto il segno indubitabile della libertà contro ogni conformismo - rosso, bianco o nero - perché il direttore del Giornale, liberale e conservatore, ma anche voce fuori dal coro, riconobbe il valore intellettuale e culturale del suo interlocutore, permettendogli di delineare nel suo quotidiano alcuni aspetti della storia politica e sociale del ’900; una ricostruzione, come scrive Mangini nell’introduzione, che si misurava e faceva i conti «con un intero tessuto lessicale, costituito dall’intreccio di parole» che del XX secolo erano state «espressione e interpretazione.
Abbiamo così a disposizione una notevole chiave interpretativa che ci permette di decifrare molte idee che hanno condizionato la storia novecentesca, demistificando i miti prodotti dalle ideologie. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, dobbiamo aggiungere che il paradigma ideologico ha ridisegnato il processo storico dislocandolo «geograficamente» fra una destra, espressione del passato - arretratezza, conservazione, chiusura, ecc. -, e una sinistra espressione del futuro - avanzamento, novità, apertura, ecc. Si è assistito in tal modo alla trasformazione epocale della dicotomia vero/falso nella dicotomia progressivo/reazionario. L’homo ideologicus, infatti, non è interessato a sapere se le cose sono vere o false, se sono giuste o se sono sbagliate, ma, per l’appunto, se sono progressive o reazionarie. Nasce da qui quel fanatismo, sottolineato giustamente da Masini, che è stato alla base delle contrapposizioni feroci che hanno attraversato il ’900.
Rimanendo sul piano dell’analisi delle ideologie, è interessante osservare come lo storico toscano mostri la logica convergenza fra comunismo e fascismo, movimenti entrambi pervasi dall’ossessione del potere. Un ampio spettro delle conseguenze del settarismo ideologico si rinviene pure nella prassi del terrorismo politico, della guerriglia partigiana e della guerra civile, tutti aspetti che illustrano ulteriormente i caratteri specifici del XX secolo. In questo caso Masini evidenzia come anche i movimenti di liberazione finiscano a volte per soggiacere alla logica dei rapporti di forza, per cui in parte viene vanificata la loro carica emancipatrice.
Quanto alla demistificazione dei miti, possiamo ricordare la rivoluzione bolscevica del ’17 che, secondo i suoi apologeti, avrebbe avuto il merito di dare inizio a una società liberata dall’oppressione e dallo sfruttamento, mentre, come viene messo in rilievo, diede luogo fin dall’inizio a uno dei regimi più oppressivi e totalitari del XX secolo. Anche la voce «pacifismo» mostra come il numero dei pacifisti credibili e sinceri sia in realtà veramente esiguo; in ogni caso la loro azione raramente risulta in grado di evitare le guerre.
La prospettiva etico-politica che scaturisce complessivamente dalla lettura di Le parole del Novecento è quella di un socialismo liberale o, meglio ancora, di un liberalsocialismo, diretto a coniugare le istanze della giustizia sociale con quelle della libertà individuale.

Soprattutto Masini, che alla fin fine rimase in cuor suo sempre un anarchico, indica la strada maestra del rifiuto di ogni intolleranza e di ogni prevaricazione, nella convinzione che soltanto il libero e pacifico confronto delle idee può far avanzare le ragioni della morale civile e del rispetto della persona umana a fronte del cinismo che sostiene le pulsioni liberticide del potere.

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