La «figlia del Reggimento» è bella a metà

da Milano

Prima le cattive o le buone? Sbrighiamo le cattive. La Scala ha commemorato il suo grande Toscanini senza una mostra, senza una pubblicazione pensata, e l'altra sera con lo sputo in un occhio del bis concesso da un tenore dopo il brano più circense dell'opera. Era La figlia del Reggimento, di Donizetti, dal sapore agrodolce di operetta, e il tenore era Juan Diego Flórez, fuoriclasse per eleganza e tecnica, e da tempo programmata macchina da applausi; il pezzo contiene nove do acuti ravvicinati, che, anche nelle voci di stazza leggera come la sua, son sempre un bell'impegno. Però tutto qui. La Scala si distingueva anche per il culto dell'arte e degli autori contrapposto alle vecchie vanità dei cantanti; e non per nulla Toscanini aveva vietato i bis. Negli ultimi anni s'erano permessi di rompere la tradizione solo Gavazzeni col coro dei Lombardi e Muti con Va', pensiero, e si trattava di due cori in cui per di più era radicata la nostra storia. Qui un gesto atletico canoro. Regressione, regressione.
Dirigeva Yves Abel. Della storia che confluisce nel naturale respiro del canto e nella famosa strumentazione raffinata, delle tenerezze degli archi e delle spiritose fantasie nel colore dei fiati, sembra ignorare tutto. L'orchestra l'ha assecondato, unendo il chiasso e la mollezza e suonando nella sinfonia male, ma proprio male.
Le buone. Il vecchio, amabilissimo allestimento con le scene e i costumi reinventati da Zeffirelli combinando le antiche ingenue stampe di Epinal con la sfrontata festa di colori è ancora gradito; e la regìa di Filippo Crivelli è un bell'esempio di allegria di ieri, anche quando le gag di cui è infarcitissima non fanno ridere.
La compagnia è ben assortita e molto simpatica. Désirée Rancatore è sciolta e spiritosa, e sfodera a ogni passaggio innumerevoli acuti irraggiungibili da quasi tutti i soprano. Certo, l'ostinazione di inzuppare ogni passaggio in queste fiorettature non consente la scelta d'una voce più patetica e densa nel registro normale, alle malinconie improvvise del personaggio non si sente balzare il cuore a tradimento; ma l'interprete è eccellente. La madre vera e il padre adottivo della figlia del Reggimento hanno cantato con classe su due versanti diversi, l'una, Francesca Franci, caricaturale e spassosa, l'altro, Alessandro Corbelli, ironico ed asciutto.
Alla prova generale, abbiam goduto il fascino della seconda compagnia giovane, quasi tutta proveniente dall'Accademia della Scala. Emozionante sentire la ventitreenne Nino Marchadze, prendere consistenza e fascino momento su momento e proporsi come importante artista di un domani vicino; confortante sentire la genuina passione di un tenore come Salva Mukeria, voce lirica convincentissima; mentre ci aspettano anni di compagnia felice con un baritono quale Vincenzo Taormina, voce, presenza, recitazione, simpatia.


Alla prima, successo vivo; qualche fischio sospetto a un certo punto ha suscitato una reazione calda a favore; alla fine è planato qualche manifestino di protesta per il Candide imminente censurato e contro l'Aida inaugurale, per nulla pertinente: quasi come il bis dei nove do.

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