«Il figlio segreto? Un falso scoop L’ho inventato io un anno fa»

Il figlio segreto di Giovanni Agnelli non è mai esistito. Almeno, di sicuro non è mai esistito quello raccontato ieri da Libero. Perché quel Giovanni, stesso nome del papà ma cognome ignoto, americano di cinquant’anni, con la passione per i cavalli di razza e dalla «somiglianza straordinaria con l’Avvocato» è un personaggio di fantasia; inventato di sana pianta nel 2008 dall’accoppiata Beppe Fossati e Andrea Miola, rispettivamente direttore e caporedattore di Cronaca Qui Milano. E non è mai esistito neanche il fantomatico reporter Mike J. Ditch, che dagli States avrebbe messo a segno lo scoop. «Sette minuti netti. Tanto ci abbiamo messo a inventarci e a scrivere a quattro mani tutta la storia. Avremmo potuto impiegare anche meno tempo, ma ci scappava troppo da ridere».
Obiettivamente la storia del colpo di fulmine tra l’Avvocato e la giovane modella americana sembra il copione di una telenovela
«Certo! L’incontro di notte a Parigi tra i due, la scomparsa di lei, il secondo incontro “casuale” a Milano, la fuga d’amore in Florida, le frequentazioni del jet set a stelle strisce, incluso “un giovane politico, discendente di una famiglia celeberrima, che diventerà poi presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy”... Sì, ce l’abbiamo messa proprio tutta perché la storia si rivelasse fin da subito una bufala fatta e finita».
Una bufala certo, ma forse troppo bella per non essere presa per buona. Cosa ha pensato leggendo stamattina (ieri, ndr) la prima pagina di «Libero»?
«Mi è venuto in mente il caso delle teste di Modigliani, quando tre universitari burloni misero in scacco con le loro sculture posticce i massimi esperti d’arte dell’epoca, che subito avevano attribuito al maestro quei testoni in granito».
Perché?
«Qui è successa la stessa cosa. Un professionista bravo ed esperto come Gigi Moncalvo è caduto nell’errore. Ha ritenuto vera la notizia. Mi spiace».
Il boccone però era ghiotto.
«Ma palesemente indigesto. E poi noi stessi, una settimana esatta dopo aver pubblicato la finta storia, abbiamo ammesso che si trattava di un cumulo di invenzioni».
In effetti anche nell’archivio online di «Cronaca Qui», a fianco dell’articolo originale, c’è il link al pezzo di «smentita», in cui svelate ai vostri lettori la verità.
«Già, avevamo fatto ai nostri lettori un “pesce d’aprile” a maggio. Fu molto divertente. Molti hanno capito subito che era tutto uno scherzo. Del resto avevamo disseminato anche molti indizi».
Ad esempio?
«Il reporter americano che ha svelato il tutto si chiama Ditch, che in inglese significa fossato. Come Fossati, il mio direttore e coautore del falso scoop».
Accertato che il Giovanni jr americano è inesistente, tanto quanto le sue mire sull’eredità dell’Avvocato, resta da capire il perché. Perché una burla del genere?
«Per lanciare un messaggio, sia ai lettori sia agli addetti ai lavori, cioè ai colleghi giornalisti».
Quale?
«Chi produce informazione deve smettere di stare sempre dietro alla scrivania, ma tornare a inseguire le notizie per strada; a prenderle di prima mano, a verificarle. Questo oggi in Italia non succede, ed è un bene che i lettori lo sappiano».
Un attacco a tutto campo?
«Prendiamo a esempio quello che ha fatto la Stampa, che ha pubblicato uno strappino della prima pagina di Avvenire malamente taroccata, in cui il Papa rimproverava Berlusconi dandogli del "tu". Da Torino si sono difesi dicendo che l’avevano trovata su internet.

Ma si può pubblicare un’immagine trovata su internet senza verificare la sua autenticità?».
A difesa della categoria: il taroccamento l’ha scoperto un altro giornalista. Paolo Marelli, del «Giornale».
«Bel colpo».

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