«C'è stata una presa di coscienza da parte di Nicchi e Braschi (presidente dell'Aia e designatore, ndr) e il riconoscimento da parte loro di alcuni errori importanti ed evidenti che sono stati commessi. Ma si è andati ben oltre gli episodi oggetto di critica», voce e confessione di Giancarlo Abete, presidente federale che, dopo aver perso la voce sui fatti di Genova (quella sera non ha parlato e nemmeno messo la faccia), ha riassunto la riunione fra i rappresentanti dei club di serie A e quelli dell'associazione italiana arbitri. «È necessario serrare il confronto anche con i tecnici e i giocatori che sono i veri protagonisti in campo -prosegue-. Bisogna lavorare con una serie di incontri più ravvicinati, responsabilizzando anche i calciatori».
Abete snocciola anche alcuni dati di questo avvio di stagione: «Nelle prime 6 giornate sono diminuite le ammonizioni e sono diminuiti i falli, il gioco è più veloce e ci sono meno interruzioni. La percentuale degli errori sul fuorigioco è del 3%». La buona novella dice che anche gli arbitri ammettono pubblicamente gli errori. Per le cattive basterà attendere le prossime partite.
«Non c'è nessuna bufera, non c'è clima di tensione. Non c'è mai stato nemmeno prima, è stato solo un momento di incontro e di scambio che serve a crescere e maturare». Marcello Nicchi, presidente dell'Associazione italiana arbitri (Aia), cerca di calmare animi e acque. La velata ammissione di colpa proposta da Abete è un primo passo per capirsi meglio con giocatori e tecnici.
«Noi portiamo avanti il nostro programma ma non saremo mai delle macchine. Più che di questi incontri, c'è bisogno di una maggiore collaborazione in campo. Quando succede questo, il calcio diventa più piacevole. In questo mondo, seguito da tutti, in pochi conoscono le regole.
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