«Il Fisco non ha mollato la presa contro gli evasori»

«Sa qual è il problema quando leggo che la lotta all’evasione è rallentata? I miei vanno su tutte le furie, con il grande lavoro che fanno. E su questo ci potremmo passare sopra. Sono affari nostri. Il vero problema è che si incoraggiano gli evasori impenitenti. Con una falsità si rischia di smontare la nostra attività di prevenzione». È un impasto di dirigente pubblico e manager di una multinazionale. Luigi Magistro è lo 007 del Fisco italiano. Avete presente quelle letterine in cui vi dicono che le spese sanitarie che vi siete dedotti sono dubbie? Arrivano dai suoi uffici. Avete presente quelle diavolerie fiscali che si chiamano studi di settore, redditometri o accertamenti sintetici? È roba sua. Dal 2001 all’Agenzia delle entrate, Magistro nasce in Guardia di finanza (tanto per gradire), passa per Mani pulite (dalla parte dello Stato, si intende) e ora guida i controlli fiscali: più banalmente 16mila dipendenti pubblici sparsi sul territorio e 300 funzionari e dirigenti di staff a Roma. Ha toni pacati, ascolta, non dà l’impressione di chiedervi il codice fiscale appena vi sedete, ma resta e così deve essere l’uomo delle Tasse. Tanto è più bravo a raccoglierle, tanto più i suoi ministri mettono a posto i conti pubblici. La lotta all’evasione, riprendendo il filo del discorso, non sarà cessata, ma taluni obiettano oggi sembra rallentare. «Balle» pensa Magistro mentre si fuma l’ennesima Merit. Ma l’argomentazione è più articolata. «In un periodo di crisi come questo abbiamo un trend negativo di incassi su tutti i tributi. È difficile stabilire quanto ciò avvenga appunto per la crisi e quanto invece sia un campanello d’allarme. Inoltre oggi possiamo ancora dire poco. Non abbiamo ancora in mano le dichiarazioni dei redditi degli italiani relative al 2008 e come faccio a trarre una conclusione? Per quanto riguarda l’Iva possiamo solo dire che essa è scesa meno di quanto sia avvenuto in altri Paesi europei. Potrebbe rappresentare un buon segnale. Ma anche questo è un indicatore di difficile interpretazione. Insomma, è troppo presto per trarre qualsiasi conclusione». Sì vabbè, ma con Visco alle Finanze era un altro andare, viene voglia quasi di provocare. Lotta senza quartiere, durezza assoluta. E un clima poi... Quel clima per cui solo a pensare di evadere, si veniva beccati. «Le faccio l’esempio degli scontrini fiscali. Un esercizio rischiava di chiudere se pizzicato per tre volte a non emetterli. Un effetto annuncio dagli scarsi effetti pratici. Inoltre questo tipo di approccio può produrre effetti solo se la macchina finanziaria è in grado di seguirlo. Come si può immaginare di fare controlli ripetuti per tre volte consecutive su milioni di esercizi? Si deve agire su controlli di lungo periodo e non su annunci». Il nuovo approccio è quello dell’analisi del rischio. Banalizzando: andare a colpire dove si ha una ragionevole certezza di portare a casa imponibile fiscale evaso. «Basti pensare che due terzi del fatturato italiano proviene da imprese con più di cinque milioni di fatturato. Si deve lavorare per andare a scovare importanti imponibili evasi. Si razionalizzano così le nostre risorse a disposizione e si massimizzano gli introiti per lo Stato. Le tecniche elusive delle medie e grandi società sono numerose e l’evasione fiscale, quando scovata, è ad alta densità. Abbiamo l’obiettivo di dedicare a questo settore un quarto delle nostre risorse. Nei suoi confronti, grazie al tutoraggio, faremo controlli annuali a tappeto». Magistro quando arrivò all’Agenzia delle entrate fu subito messo a capo della direzione che si occupava delle grandi imprese. Ha quell’impostazione. Eppure non sembra aver mollato la presa sui piccoli. C’è in giro una lamentela sulla poca generosità nei confronti dei quattro milioni di partite Iva e piccole imprese che con meno di cinque milioni di euro di fatturato sono sempre oggetto degli occhiuti studi di settore. E gli sconti fatti in questi tempi di crisi non sembrano poi così generosi. «Gli studi di settore sono uno strumento che serve a contrastare le evasioni più spinte. Vi è una ragionevolezza della nostra amministrazione che spesso sfugge. Cambia da settore a settore, ma mediamente si può dire che un terzo dei soggetti interessati da questi studi non dichiara ricavi congrui con i nostri parametri. Non penserà mica che si facciano un milione di accertamenti nei loro confronti. Incrociamo molti dati e negli ultimi anni abbiamo fatto 50-60mila accertamenti. E per quanto riguarda il 2008 abbiamo tenuto conto della crisi in corso e abbiamo fatto degli aggiustamenti a valle degli studi che tengano in considerazione la situazione». In poche parole sembra di capire che per l’anno passato l’amministrazione sarà più indulgente nei confronti del manifatturiero e degli artigiani che per primi hanno risentito della crisi. «L’amministrazione fiscale è un’istituzione di questo Paese, l’organo politico dà degli input, ma noi siamo cresciuti nel tempo. Oggi abbiamo degli strumenti di indagine unici al mondo. Come ad esempio il centro per le indagini finanziarie, che è completamente telematizzato». Un grande fratello, pensa più o meno il contribuente, che in un clic scova conti correnti, investimenti e partecipazioni. Insomma, c’è un tema che riguarda il bilanciamento tra le esigenze dello Stato e il diritto alla riservatezza dei cittadini. «Per ogni indagine, ci sono numerosi filtri e le necessarie autorizzazioni caso per caso». A ciò si sommano una marea di adempimenti burocratici. Spesso ciò che all’Agenzia piace, terrorizza il cittadino. «La semplificazione fiscale è un nostro obiettivo. Non solo utile al contribuente, ma anche a noi per controllare meglio». Anche se Magistro qualche documento in più vorrebbe che lo producessimo. «L’esempio classico è quello delle dichiarazioni delle persone fisiche. Gli oneri deducibili comportano circa 800mila controlli documentali l’anno. La metà rispetto a pochi anni fa. Ma comunque molti. Se i contribuenti ci fornissero ancora più informazioni tali da farci preventivamente incrociare i dati, i controlli a posteriori si ridurrebbero. Può succedere che una semplificazione in un adempimento si risolva in un maggiore onere burocratico nel futuro».
Per sintetizzare: maggiore attenzione sui grandi contribuenti, poche concessioni alle partite Iva e ora anche maggiori informazioni dalle persone fisiche. Meglio Visco, si fa ancora per provocare... La parola d’ordine ritorna l’analisi del rischio: colpire dove si ha qualche buon indizio. Tanto che si vanno a scovare viaggi esclusivi, beauty farm, auto di lusso e persino le scuole private. «Quella delle scuole private è una storia malintesa. Il principio è banale. Per contrastare l’evasione fiscale delle persone fisiche, si prendono gli elementi di spesa e si ricostruisce un reddito potenziale. È il cosiddetto redditometro. Il tutto si può incrociare grazie alla nostra potentissima banca dati telematica. Ma è evidente che vi è una pluralità di parametri e che ad esempio la semplice iscrizione ad una scuola di salesiani non rappresenta alcun indizio.

Il decreto approvato a giugno dell’anno scorso disegna una strada di maggiori controlli proprio attraverso questo genere di accertamenti sintetici. Dovremo arrivare a 35mila in un triennio. E bisogna sempre ricordarsi che, come nel caso degli studi di settore, anche il redditometro non ha alcun automatismo».

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