Fu una morte lenta e orribile. E abusarono di lei con una spranga

TrevisoLe belve di Gorgo in realtà erano dei normali operatori del crimine. Quanto basta, secondo la Cassazione, per rispedire l’incartamento alla Corte d’Appello affinché vengano espunte le aggravanti di crudeltà e sevizie, con la conseguente cancellazione della pena dell’ergastolo per l’albanese Naim Stafa e sensibile riduzione dei vent’anni affibbiati al basista romeno Alin Bogdaneanu. Se lo avesse saputo prima, forse, il feroce Artur Lleshi avrebbe evitato di suicidarsi in carcere.
Bisogna tornare indietro a quella lugubre notte di fine agosto, nel 2007, a Gorgo al Monticano (Treviso), per rievocare uno dei crimini più efferati che il Veneto ricordi. «Chi può aver ammazzato Guido Pellicciardi, 67 anni, e Lucia Comin, 60, con una violenza così brutale, al punto di infierire sulle parti intime della donna con una spranga?». Così scrivevamo su il Giornale all’indomani dei terrificanti risultati dell’autopsia sui due coniugi, quando ancora i tre criminali non erano stati catturati. Il procuratore di Treviso, Antonio Fojadelli, non esitò a definire gli autori di quella mattanza «le belve di Gorgo».
«Nella dependance della villa di proprietà della famiglia Durante, a Gorgo Al Monticano - proseguiva la corrispondenza dell’agosto 2007 - l’altra notte, tra l’1.30 e le 2, gli assassini non si sono limitati a uccidere. Hanno infierito sui corpi di coniugi Pellicciardi anche dopo la loro morte. La prima a morire, secondo i medici che hanno eseguito l’autopsia, sarebbe stata la donna, in seguito a un colpo violentissimo di spranga in testa. Il marito sarebbe morto un quarto d’ora dopo, a causa della rottura di una vertebra cervicale causata da una torsione fatale. Ma non è tutto. Sui due si è abbattuta una serie impressionante di colpi, con lame e spranghe, forse con lo scopo di costringerli a consegnare i codici di ingresso della villa degli imprenditori della quale i due anziani, che vivevano nella dépendance, erano i custodi».
In realtà gli assassini volevano la combinazione della cassaforte che i poveri coniugi Pellicciardi non potevano dare per il semplice motivo che non la conoscevano. La loro fu una morte lenta e orribile, che la Cassazione però sembra voler addebitare all’albanese suicida, ritagliando per Stafa un ruolo secondario, pur rientrante nella fattispecie del reato di omicidio: non infierì personalmente sulle vittime e, quindi, non gli vanno contestate la crudeltà e le sevizie. Traducendo: tra 13-14 anni potrà usufruire della semilibertà.


Il figlio delle vittime, Daniele Pellicciardi, ha commentato con tristezza: «Almeno non è stata messa in discussione l’accusa di omicidio». Già, perché se il reato fosse passato da omicidio a rapina, i due potrebbero già uscire di galera domani mattina. Conoscendo la giustizia italiana, Pellicciardi pensava potesse andare ancora peggio.

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