Gelmini: "Cari ragazzi, non scappate all'estero"

Appello del ministro dell’Istruzione contro gli intellettuali disfattisti che professano la fuga: "Dalla Fiat all’Università, vincerà il progresso". E sulle difficoltà spiega: "Le parentopoli e lo status quo scoraggiano persino me". Ma rilancia: "Il sistema si combatte dall'interno"

Gelmini: "Cari ragazzi, non scappate all'estero"

Ministro Mariastella Gelmini, li convinca lei i giovani a restare in Italia.
«Tanto per cominciare l’an­no prossimo celebriamo i 150 anni dall’Unità, e il no­stro Paese avrà difetti, ma...»

Ferma! Se lo vede lei uno studente che resta perché ci sono le celebrazioni?
«Guardi che persino la sotto­scritta vive momenti di scora­mento».

E fa il ministro a 37 anni. C’è chi a 37 anni ancora cercano lavoro.
«Con la fatica che ho fatto a far passare la riforma del­l’Università mi sono resa con­to quanto è difficile cambia­re le cose. Ma è ingiusto con­sigliare la fuga».

Prima pagina del Corsera, Giovanni Belardelli agli studenti: «Andatevene al­l’estero». Solo l’ultimo di una serie di appelli.
«L’analisi del professore è ab­bastanza condivisibile».

Meritofobia, parentopoli.
«E uno stato di conservazio­ne che sembra impossibile da scalfire. La sinistra...»

Vabbè, facile dare la colpa alla sinistra.
«Il fatto è che a questo punto la grande sfida è distinguere fra chi vuole il cambiamento e chi difende lo status quo. La sinistra ha fatto della conser­vazione il suo leitmotiv, a noi spetta allargare il fronte di chi vuole cambiare».

Come si fa?
«I segnali di cambiamento ci sono. Dobbiamo crederci e batterci perché si moltiplichi­no, non mollare».

Tègn dur, si dice dalle sue parti.
«Il sistema si combatte dal­l’interno».

Cinque motivi per farlo.
«Primo: Mirafiori».

È stato appena siglato l’ac­cordo a Pomigliano.
«È una rivoluzione».

Lo dica alla Fiom che mi­naccia sfracelli.
«È la sinistra di cui parlavo. Nessun sindacato si può arro­gare il diritto di condannare il Paese all’immobilismo».

Dicono che quello di Mar­chionne è un ricatto: si fa come dico io o me ne vado.
«Sacrosanto».

Sacrosanto.
«L’accordo consentirà a Fiat di crescere. E al Paese intero di vedere rivoluzionato il rap­porto fra lavoratore e datore di lavoro».

È la vittoria dei padroni su­gli operai, dice la sinistra.
«Questa è la grande svolta: imprenditori e lavoratori non sono più categorie con­trapposte, ma hanno identi­ci interessi. Se un’azienda viene messa in condizione di essere competitiva, ci saran­no posti di lavoro e stipendi più alti. Altrimenti ci sarà di­soccupazione».

Il secondo motivo per re­stare.
«Il Mezzogiorno».

Cari studenti non andate a Londra, andate a Napoli.
«Restateci, a Napoli. Il piano del Sud del governo, oltre a investire sulle infrastrutture materiali, punta su quelle im­materiali. I talenti devono re­stare sul territorio».

Basta «terroni» al Nord.
«E poi c’è la ricerca, l’innova­zione. Per vincere la crisi dob­biamo puntare sul capitale umano. I giovani servono».

E qui arriva la sua riforma dell’Università.
«Che non è mia, ma di tutto il governo e del parlamento. È un grande segnale di cambia­mento per i giovani».

Li avete presi a manganel­late.
«È la sinistra...»

Sempre lei.
«... Che ha cavalcato il disa­gio dei giovani. Infatti anche sui giornali, dopo l’approva­zione, si moltiplicano gli ap­prezzamenti».

Lei ha trasformato due lea­der bolsi come Bersani e Di Pietro in atleti: per con­testarla si sono arrampica­ti sui tetti.
«Sì, ma poi la riforma è stata approvata. Vieta le assunzio­ni di parenti fino al quarto grado, toglie potere ai baro­ni, aumenta la flessibilità, l’internazionalizzazione, il turn over, inverte la fuga dei cervelli e attrarne dall’este­ro».

Quinto motivo per non espatriare.
«È l’altro grande segnale che il cambiamento è iniziato: un governo di giovani, con ministri under 40 come la sot­­toscritta, la Carfagna, la Me­loni, Alfano, Fitto».

E di donne che piangono e minacciano di andarsene: Carfagna, Prestigiacomo. Tocca a lei ministro.
«Problemi risolti».

Maschilismo strisciante.
«Normali incidenti di percor­so, ma con una compattezza di base. Berlusconi per pri­mo ha dimostrato di credere nelle donne».

Fin troppo, ironizzano i maligni.
«Lo hanno attaccato e insul­tato, ma è stato il solo ad ave­re il coraggio di puntare su di noi in ruoli chiave. E sfido chiunque a dimostrare che non stiamo lavorando con ca­pacità e impegno».

Durerà?
«Il 14 dicembre della fiducia è stato sconfitto ogni proget­to di destabilizzazione».

Se non ampliate la maggio­ranza ci riproveranno.
«Siamo sicuri di avere i nume­ri per andare avanti: Il Parla­mento è cambiato».

Sì, perché c’è il Fli all’op­posizione.
«No, perché molti deputati hanno scelto di stare dalla no­stra parte, dimostrando sen­so di responsabilità, facendo prevalere sul senso di appar­tenenza l’interesse del Pae­se, che è la governabilità».

Se non imbarcate l’Udc al governo, restate in bilico.
«L’Udc non deve entrare al governo,ma scegliere lastra­da di un’opposizione respon­sabile, sui contenuti».

Basterà? Se a Casini gli ri­piglia lo sghiribizzo si al­lea col Pd e prova di nuovo a rovesciarvi.
«Ci sono almeno 15 deputati che interloquiscono con noi e sono pronti a votare le rifor­me.

E le dirò di più: da Enrico Letta a Fioroni a Mariapia Ga­ravaglia, da Nicola Rossi a Ichino alla Finocchiaro, io credo che il Pdl potrà dialoga­re anche con i riformisti del Pd».

Un regime!
«Lo chiami confronto sui grandi temi del Paese. E dica ai giovani di restare a lottare con noi».

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