A Genova, Van Gogh e il viaggio di Gauguin

La mostra, curata da Marco Goldin, espone 80 opere tra dipinti, disegni e lettere originali mai esposti prima in Italia fino al 15 aprile 2012

A Genova, Van Gogh e il viaggio di Gauguin

E’ la mostra dell’anno, non solo per il tema affascinate in essa presente, quello del viaggio, della ricerca anche come esplorazione mentale, ma soprattutto per la presenza di un capolavoro mai visto in Italia e addirittura, eccezion fatta per Parigi una decina d’anni fa, in Europa: ci riferiamo alla tela di Gauguin Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? intorno alla quale ruota il senso stesso dell’esposizione.

Dunque, sino al 15 aprile del 2012, il Palazzo Ducale di Genova ospita questo "Van Gogh e il viaggio di Gauguin" che il curatore Marco Goldin ha fortemente voluto e costruito. Ad aiutarlo come sponsores, in primis il gruppo Unicredit, che nel tema centrale della mostra, il viaggio, vede riflessa la sua identità internazionale e nella città di Genova come cornice un ritorno alle origini, perché è lì, come Banca di Genova che nel 1870 prese il via la sua avventura finanziaria; il Gruppo Euromobil dei fratelli Lucchetta, da un quindicennio ormai fedele collaboratore dello stesso Goldin e della sua Linea d’ombra, e naturalmente il Comune di Genova.

L’opera di Gauguin, quattro metri di lunghezza per uno e mezzo d’altezza è il simbolo del Museum of Fine Arts di Boston e si tratta di un prestito epocale. È infatti soltanto la quarta volta in un secolo che il dipinto lascia la sede espositiva statunitense e già soltanto l’eccezionalità dell’avvenimento giustifica il viaggio a Genova. Intorno a quest’opera, e partendo dalle suggestioni della lettura di On the road di Jack Kerouac, una delle bibbie della narrativa di viaggio, Goldin ha costruito un percorso particolare in cui l’altro grande artista celebrato nel titolo, Van Gogh, ha a sua volta un posto d’onore. Del pittore olandese ci sono ben 40 opere, di cui 15 disegni, incaricate di raccontare una vita che è a sua volta un viaggio nel colore e nell’abisso, verso la luce del sud della Francia e verso il buio del proprio male di vivere. Si va dall’Autoritratto al cavalletto del 1888, prestito d’eccezione del Van Gogh Museum di Amsterdam, al Campo di grano con corvi terminato poche settimane prima di morire, al Seminatore dipinto ad Arles e a Scarpe, omaggio tenero e sentito alla terrena quotidianità del camminare.

Intorno a questi due colossi, il percorso espositivo allinea altri viaggi in e da due continenti: America ed Europa. Del primo, due sono gli artisti chiamati a raccontarlo nell’Ottocento: Edwin Church, il pittore dell’Est e della valle dell’Hudson, e Albert Bierstadt, il pittore dell’Ovest e della scoperta di Yellowstone. Da essi si dipana una ricerca che a cavallo del Novecento giunge a Winslow Homer e poi arriva a Hopper e a Rothko, maestri del viaggio, fisico e mentale all’insegna del silenzio e della profondità.

La sezione Europa comincia invece con il viaggio della mente davanti all’infinito secondo Caspar David Friedrich, il viaggio come materia ed elementi di William Turner, quello dentro la luce di Monet, dentro la mente di Kandinsky e di Nicolas de Staël, dentro il vuoto e l’assoluto di Giorgio Motrandi.

Agli antipodi di tutto questo e insieme suo elemento centrale e riassuntivo, la tela di Gauguin spicca

da sola in una vasta sala ad essa dedicata, isolata e insieme solare, emanatrice di energie e di pensieri. Un appuntamento insomma da non perdere, un gioiello culturale di cui andare, come italiani, giustamente orgogliosi.

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