Il caso infinito del G8 di Genova e quei bravi ragazzi «irreperibili»Il commento

(...) o almeno non è solo, quella giudiziaria.
Eppure, per l'appunto, siamo qui, anche oggi, a poter parlare a lungo delle violenze dei poliziotti. Ma siamo quasi inibiti nel parlare delle violenze dei violenti, come se fossero violenze di serie B, su cui censurare e censurarci.
Perchè il punto è proprio tutto qui. Ci è stato raccontato che i dieci individuati dai magistrati o non erano gli unici colpevoli di tutto quello che è successo a Genova in quei giorni (e su questo c'erano pochi dubbi), o che avevano cambiato completamente vita, persone diversissime da quelle protagoniste di quei moti di piazza. E, in qualche caso, anche questo era vero.
Sta di fatto che il processo è partito in primo grado con venticinque imputati ed è arrivato in Cassazione con dieci condannati. L'impianto accusatorio - molto serio, circostanziato e preciso, firmato da due magistrati tutti d'un pezzo come Anna Canepa e Andrea Canciani - ha retto alla perfezione, tanto che nessuna condanna è stata annullata, nonostante la particolarità del reato contestato, quello di devastazione e saccheggio.
L'unico distinguo è arrivato sul mancato calcolo dell'attenuante di aver agito in preda alla suggestione della folla in tumulto, per alcuni degli imputati.
Ma, per l'appunto, è un distinguo giuridico e non tocca le prove raccolte dai magistrati. Per gli interessati ci sarà un nuovo processo per ricalcolare la pena che, in qualche caso, non comporterà più il carcere, ma l'affidamento ai servizi sociali.
E, a questo punto, in questo gioco di sottrazione dei responsabili, ne restavano solamente cinque. Due di loro, un infermiere romano e un'assistente sociale milanese - con grande dignità devo dire, non un gesto di eroismo, ma di dignità sì - si sono presentati spontaneamente in carcere, per scontare pene pesantissime, nei dintorni dei dieci anni. Per una terza di loro, che nel frattempo è diventata madre di una bambina di sei mesi, la pena è stata momentaneamente sospesa proprio in virtù della legge che tutela le giovani mamme e quindi scatterà in un secondo momento.
Ne restano due. E qui sta il punto: sono irreperibili, scomparsi, scappati, lontani. Forse dall'Italia, certamente dalla giustizia e da una sentenza definitiva. Senza che nessuno di quelli si indignavano per le condanne dica una parola.

Anzi, addirittura, sul sito internet che propagandava la campagna contro le condanne, il fatto che «due sono irreperibili» è trattato con la stessa dignità che si riserva a una nota a margine, en passant, quasi fosse una scomoda formalità da ricordare, di fronte all'enormità del fatto che si sia richiamato il reato «del codice fascista» di devastazione e saccheggio.
E di fronte a questo silenzio crolla qualsiasi motivazione, vera o presunta.
(1-continua)

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