Il centrodestra impari a parlare di cultura

Il centrodestra impari a parlare di cultura

di Sergio Maifredi

Caro Massimiliano, Ti leggo ora (in ritardo, scusami, sono sempre fuori Genova) nel tuo bel articolo del 16 maggio. Quello sul partito delle persone per bene. Complimenti come sempre.
Ma al di là dei miei complimenti, di cui non hai certo bisogno, vorrei condividere con Te alcuni pensieri. Penso anch'io che Enrico sarebbe un buon sindaco. Indubbiamente meglio di Doria. Penso che sarebbe un buon Sindaco confidando nella sua intelligenza, non nelle scelte politiche che ha fatto e che, molte volte, non ho condiviso.
A livello di programma mi pare però che la Cultura sia stata assente tra le priorità del Centro Destra. Che non sembra sapere quanto una strategica gestione della Cultura possa portare in termini economici e che, se anche lo sa, sta bene attento (il Centro Destra dico) a tenersene lontano.
La Cultura ha invece guidato la campagna di Doria; nel suo programma la parola Cultura, a dire il vero non compare, almeno non nei volantini che mi hanno rifilato, ma la Cultura ha guidato Doria attraverso un ottimo spin doctor, Silvio Ferrari.
Sempre prendendo spunto dal tuo articolo, quando descrivi una scenario in cui Carlo Repetti potrebbe essere vicesindaco ed assessore alla Cultura e commenti che in fin dei conti a far meglio di Ranieri ci vuol poco, vorrei spendere due parole per dirTi quale è stata la mia esperienza con Ranieri.
Sai che ho attaccato tante volte Andrea Ranieri. Tante persone che stimo mi dicevano che mi sbagliavo. Dubitavo e mi ci sono scontrato. Be'... poi alla fine ho dovuto riconoscere che a sbagliarmi ero io. L'ho trovato una persona attenta e di parola. Ho ascoltato diversi suoi interventi, anche recentemente a Roma, nel primo incontro tra gli operatori culturali e il Ministro delle Cultura e ho trovato lucido e lungimirante il suo discorso.
Ti dirò... Ho attaccato pure Marta Vincenzi tante e tante volte. Lo spazio che Tu mi hai lasciato sulle pagine del Giornale, mi ha salvato dalla esasperazione di dover vivere in una Genova devastata. Eppure, oggi come oggi, rivaluto anche Marta Vincenzi. Oggi vorrei lasciarle l'onore delle armi che i suoi non le hanno concesso. Anche lei è una persona di parola.
Vedi, caro Massimiliano, il giorno dopo le elezioni amministrative del 2007, scrivevo sulle tue pagine che sapevo mi sarebbe toccato un lungo esilio. Che per i successivi cinque anni non avrei lavorato a Genova. Non disfo la valigia da tanto e so che (a Dio piacendo) per altri cinque anni a Genova sarà difficile tornare.
Eppure a Genova faccio cose che mi danno grande gioia, i nostri Dialoghi a fine estate, le mostre al Ducale, il festival degli Scali a Mare... sono cose belle ma non «alimentari», il lavoro, quello con cui si pagano mutui e bollette è altrove. Per me alla fine è pure divertente. Ma trovo ad ogni rientro, Genova sempre più vuota, stuprata da genti che non sanno neanche di abitare a Genova, venduta da chi a Genova abita da sempre, mette il loden, si vede al solito circolo, al solito bar, è nel CdA giusto perché era compagno d'asilo di tizio o caio.


Il centro destra ha fatto di tutto per perdere. Questa volta non ci sarebbe voluto molto.
Ti abbraccio, spero di vederti presto, il Giornale, nell'edizione di Genova, è l'unico spazio di cultura e di politica in cui mi sento a casa. Grazie a Te.i

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