Fincantieri, i bilanci smentiscono i gufi Torna il lavoro a Sestri

(...) primo, perchè si tratta di un'eccellenza assoluta italiana, invidiata nel mondo, come dimostra anche l'interesse all'acquisizione da parte del fondo sovrano del Qatar. Secondo, perchè quest'eccellenza è misconosciuta e talvolta proprio dileggiata da noi italiani. Che abbiamo non moltissime eccellenze. Ma due certamente sì: la cantieristica di Fincantieri e l'autolesionismo. Scegliete voi quella che preferite.
In questo quadro, vanno letti anche i bilanci del primo semestre che parlano, fra l'altro, nonostante il mercato della costruzione di navi non sia propriamente in un momento di espansione epocale di: ricavi per 1233 milioni di euro, in crescita di quasi il 5 per cento rispetto all'anno precedente; un surplus di cassa di 909 milioni, contro i soli 166 milioni di euro che erano in cassa a fine 2011; un portafoglio di ordini in contrazione, ma comunque significativo e, immediatamente dopo la chiusura dei conti semestrali, ulteriormente rinforzato da un accordo con Viking Ocean Cruises per la costruzione di due navi da crociera extralusso di piccole dimensioni e da un contratto molto sostanzioso con i canadesi di Société des traversiers du Québec per la realizzazione di un traghetto di ultimissima generazione, il primo costruito in Italia da anni ed anni.
Insomma, ce n'è abbastanza per far gonfiare il petto all'amministratore delegato dell'azienda Giuseppe Bono. Bono, che (eufemismo) non ha proprio un carattere dolcissimo e che (eufemismo) non è altissimo, diventa una sorta di cornetto col cuore di panna e cresce di parecchi centimetri gongolando per i numeri che arrivano: «Siamo soddisfatti di questi risultati che danno fiducia alla società ed ai suoi dipendenti. Il processo di riorganizzazione in corso, avviato anche grazie all'accordo con i sindacati e il governo, si sta dimostrando valido. E anche l'acquisizione degli ultimi ordini testimonia la lungimiranza delle politiche aziendali volte alla ricerca di nuovi clienti e di nuovi mercati con prodotti estremamente innovativi». Per la cronaca, si tratta proprio dei contratti di fronte ai quali una certa parte di Genova scuoteva la testa e Bono si prende la rivincita: «Fincantieri si presenta sul mercato come uno dei grandi protagonisti del proprio settore e può contare su prospettive incoraggianti se la coesione fra tutti i suoi dipendenti consentirà di raggiungere ulteriori traguardi di produttività, necessari per affermarsi su un mercato più ridotto, dove quindi la competizione è ancora più agguerrita».
Fin qui, le dichiarazioni ufficiali e i bilanci. Numeri che parlano. Eppure, c'è una parte di Genova e della Liguria che continua ad essere in guerra con Fincantieri. Penso, ad esempio, al fatto che - secondo un retroscena, mai smentito, del Secolo XIX, pubblicato nelle informatissime pagine economiche guidate da un professionista doc come Francesco Ferrari - in consiglio di amministrazione di Banca Carige si sarebbe discusso sull'opportunità di concedere un finanziamento a Fincantieri, sollevando dubbi proprio sul management. Dubbi mai sentiti in analoghe occasioni, quando magari sarebbero venuti bene e invece nessuno fiatò.
Soprattutto, parrebbe indubitabile che - in un momento in cui due gioiellini come Ansaldo Energia di Giuseppe Zampini e Ansaldo Sts sono sul mercato, con anche l'aggravante che l'acquirente della prima rischia di essere la Siemens, tedesca, ma soprattutto diretta concorrente e un altro gioiellino come la Selex rischia di perdere la testa genovese - occorrerebbe fare le barricate per difendere Fincantieri, patrimonio nostrano. Non ostacolarla.
Insomma, sta di fatto che fra i due consiglieri contrari, oltre al professor Alberti, ci sarebbe stato anche l'ex presidente della Provincia di Genova Alessandro Repetto. Che, proprio in Provincia, fu - almeno in un primo tempo - uno dei più fieri avversari alla quotazione in Borsa di Fincantieri, allineato sulla posizione della Fiom. Sappiamo che oggi quell'ipotesi non è più sul tappeto, perchè nel frattempo è cambiato il mondo attorno. Ma, certo, se non si fosse alzato un fuoco di sbarramento contro la quotazione in Borsa, la storia recente di Fincantieri sarebbe stata con ogni probabilità più tranquilla. Certo, manca la controprova del nove e con i se e i ma non si va da nessuna parte. Ma, certamente, in quel momento, la quotazione in Borsa sarebbe stata la migliore soluzione. E, certamente, Alessandro Repetto, che pure è una persona perbene, si oppose. Sbagliando clamorosamente. Situazione che gli avrebbe consigliato una maggiore prudenza in questa circostanza. Alla fine, sempre secondo l'informatissimo retroscena del Secolo XIX, i furori anti-prestito di Repetto e Alberti sono stati smorzati dal saggio richiamo del presidente della Banca Giovanni Berneschi: «Poi, lo andate a dire voi agli operai di Sestri». Il che, soprattutto per Repetto, sestrese doc, è stato l'argomento decisivo.

Ma l'abilità dialettica di Berneschi, tanto bravo sui mercati internazionali quanto su quelli rionali, è stata quella di buttarla sul discorso occupazionale. Mentre, dal punto di vista bancario parlavano tranquillamente i numeri.
Un discorso che varrebbe in tutto il mondo. A Genova, meno.
(10-continua)

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica