Quando ad Albaro si sfidavano Duccio Garrone e Guido Carli

(...) e ha un turn-over di intitolazioni e di nomi impressionante, che vi risparmio per bontà. Sta di fatto che, fra tutti questi nuovi nomi, c'è anche il Movimento Repubblicani Europei e, ovviamente, fra i nuovi senatori c'è Luciana Sbarbati che, come abbiamo detto, coincide con la sua edera. Considerando che, oltre all'Udc, c'è anche il Partito Socialista Italiano di Carlo Vizzini (che però fu segretario del Partito Socialdemocratico saragattiano) e il Partito Liberale Italiano - le cui insegne sono portate da Enrico Musso, anche se il senatore genovese nel frattempo ha fondato la Costituente Liberale - praticamente c'è tutto il pentapartito in un solo gruppo parlamentare di quindici senatori. E, se si nota che fra i quindici ci sono anche Giulio Andreotti ed Emilio Colombo, l'immagine è davvero perfetta.
Eppure, questa visita guidata attraverso la difficile geografia parlamentare attuale del Partito Repubblicano Italiano, è l'occasione perfetta per inserire anche l'Edera nella galleria delle cose perdute. Non tanto il Pri in quanto tale che, come abbiamo visto, sopravvive sempre e addirittura gemma in altre formazioni. Ma i principi del Partito repubblicano, che a Genova fu rappresentato a lungo da Alfio Lamanna, che guidò la Regione con un galantuomo come Giovanni Persico, presidente della Liguria proprio mentre Giovanni Spadolini diventava il primo presidente del Consiglio non democristiano, vanno oltre le massicce dosi di digestivo necessarie ad affrontare la lettura degli spostamenti parlamentari attuali.
Senza andare a scomodare Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi e Arcangelo Ghisleri, e persino senza evocare la presenza storica del Pri in Romagna - a lungo vera diga anticomunista in una terra rossa - l'Edera, con i suoi esponenti storici, con personaggi del calibro di Randolfo Pacciardi e di Ugo La Malfa, ma anche di Oronzo Reale, di Leo Valiani, di Gugliemo Negri, per alcuni di Bruno Visentini, per me di Oddo Biasini, l'uomo dalle sopracciglia più folte in natura, di ricordi di una Prima Repubblica che non fu solo la schifezza raccontata da una certa vulgata e da certe inchieste. Ecco, quel Pri, magari spesso un po' tristanzuolo, quasi sempre senza un sorriso sdrammatizzante, talvolta passatista, talvolta troppo moralista (l'autogol del «partito degli onesti» prima di entrare come gli altri nelle inchieste per finanziamento illecito ai partiti resta clamoroso dal punto di vista mediatico) è però qualcosa che mi manca moltissimo. Mi manca la politica come serietà. Mi manca la capacità di sostenere gli imprenditori che rischiano sulla propria pelle, senza che il denaro guadagnato onestamente venga considerato sterco del diavolo. Mi manca, soprattutto, la capacità di sfidare l'impopolarità. Di dire la verità, anche quando non è immediatamente capitalizzabile in termini di consenso elettorale. Mi manca la capacità di studiare in continuazione ed è quello che apprezzo in due personaggi che, in questo momento, se le stanno dando di santa ragione dal punto di vista politico nel Pdl, come Pierluigi Vinai e Gigi Grillo. Da sempre li unisce pochissimo. Ma, fra quel pochissimo, c'è la capacità di leggere i provvedimenti di cui si occupano. Ed è quasi un punto centrale della politica. Studiare, non orecchiare.
Ecco, sarebbe bello tornare a quella Politica della migliore prima repubblica, quella del Pri e anche del Pli e anche della parte migliore della Dc degasperiana e del craxismo e della socialdemocrazia vera, prima delle degenerazioni di Tangentopoli, quelle vere e quelle solo raccontate.

Una politica che un giorno, nel collegio di Albaro al Senato, candidò contemporaneamente Guido Carli per la Dc e Duccio Garrone per il Pri. Alla fine, quella volta, non ce la fece nessuno dei due. Ma, nonostante tutto, è qualcosa da mettere nei nostri beni culturali di ricordi. Soprattutto, di fronte alle liste bloccate di oggi.

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