Le telefonate romane che imbarazzano il consiglio regionale

Non saranno state intercettate e pubblicate sui giornali, ma le telefonate che provocano maggiore sconquasso politico sono quelle annunciate in diretta, in aula, dal consigliere biasottiano Aldo Siri. «Quello che ho da dire lo dico anche nonostante la seconda telefonata fatta al mio tutore a Roma - butta la bomba in pieno pomeriggio -. Vorrei che queste telefonate finissero. Ho la maggiore età, non ho padrini né padroni, se vuole consigliera Fusco le do il mio cellulare e può chiamarmi di persona». Frasi di denuncia, per dire in concreto che l'ex vicepresidente della giunta avrebbe fatto chiamare dal marito Giovanni Paladini il collega deputato Sandro Biasotti, perché dicesse al consigliere regionale del suo movimento di essere meno duro sul caso dei guai della consigliera Idv. Frasi arrivate alla ripresa pomeridiana dei lavori, che mostrerebbero una telefonata arrivata nella pausa pranzo all'esponente di opposizione che rivendica invece il suo diritto ad attaccare a piacimento gli avversari.
In consiglio esplode il caso. Perché Edoardo Rixi della Lega coglie subito l'assist e concentra il suo intervento sul «tentativo di chiudere la bocca all'opposizione passando da altre sedi. Qui si sta varcando il limite della decenza. Chiedo provvedimenti, si aprono scenari ancora più cupi». Seccata, incomprensibilmente seccata, la replica del presidente dell'assemblea Rosario Monteleone, che chiede a Rixi di non «insinuare cose che possano danneggiare la credibilità della politica. Se ci sono state indebite interferenze, che vengano denunciate nelle sedi opportune». Persino Claudio Burlando che ascolta finalmente disinteressato (almeno non interessato in prima persona) ha espressioni di incredulità. Con gesti e smorfie fa intendere che l'intervento di Monteleone proprio è fuori luogo. Anche perché la sede più opportuna per certe denunce su pressioni politiche sarebbe proprio quella dell'aula presieduta dal coordinatore regionale dell'Udc, che però si secca non poco di fronte a queste «illazioni». Il seguito dirà che aveva - involontariamente - ragione Monteleone. Così come avevano involontariamente ragione anche molti esponenti politici di maggioranza e opposizione che si seccano non poco per il timore che «sui giornali si finirà di parlare solo delle pressioni indebite».
Se fossero state reali, ci sarebbe da parlarne eccome. Il problema è che sembra non ci siano neppure state. Almeno non così come sono state riportate in aula. Perché lo stesso Siri, appena concluso il consiglio, spiega di «non aver ricevuto alcuna telefonata da Biasotti». E allora cosa ha detto in consiglio? «Il nostro presidente non si permetterebbe mai di chiamarmi - assicura -. Ha chiamato altri, so da persone fidate che le telefonate ci sono state». Insomma, Paladini si sarebbe lamentato e Biasotti avrebbe tirato le orecchie ai suoi? Neppure. «So che a Roma ha recepito le insoddisfazioni da parte dell'Italia dei Valori, dell'onorevole Paladini. Ma non mi ha ripreso, anche perché i miei interventi, le mie posizioni sono sempre concordate con Gianni Barci». Alla luce di una ricostruzione assai diversa da quella fatta in aula, andrebbero considerate le parole di Alessio Saso, consigliere del Pdl, che pur senza sapere la realtà dei fatti, aveva parlato di «ipnosi collettiva della politica» a proposito delle presunte pressioni ricevute «da chi non può ignorare di aver scritto Biasotti addirittura nel nome del proprio partito». Stavolta l'ufficio stampa della regione riporta ogni parola, persino le ricostruzioni di Siri a margine dei lavori.
Il pasticcio in aula non cancella peraltro il richiamo alla sinistra fatto dall'altro esponente della Lista Biasotti.

Lorenzo Pellerano, a proposito della supposta superiorità morale della maggioranza, aveva infatti ricordato tutta una lunga teoria di inchieste recenti nelle quali gli amministratori di sinistra sono stati coinvolti.

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