Roma - Dopo la lettura delle motivazioni di condanna dell'avvocato Mills la vicenda da giudiziaria diventa subito politica, com'era facilmente prevedibile. "E' una sentenza annunciata che verrà sicuramente ribaltata in Corte d’Appello", ha detto Nicolò Ghedini, conversando con i cronisti a Montecitorio. È una sentenza annunciata - ha spiegato l’avvocato di Berlusconi - dal tipo di istruttoria dibattimentale che ci è stata imposta: "Sono stati negati i testimoni della difesa, non sono state consentite le rogatorie richieste e si è proceduto con una tesi a senso unico". Ghedini si è detto sicuro quindi che la sentenza "verrà ribaltata in Corte d’Appello per la non sussistenza del fatto. Noi - ha aggiunto - siamo sereni, e con dei giudici non prevenuti siamo sicuri di ottenere ragione".
Capezzone: Gli italiani non ci cascano "Nel merito - commenta il portavoce del Pdl Daniele Capezzone - la vicenda è stata chiarita e smontata più volte dai legali del premier. Ma quel che è più grave è l’aspetto politico: se qualcuno, nell’opposizione, pensa ancora di poter usare l’arma giudiziaria per colpire un governo liberamente scelto dai cittadini, commette un errore, e fa anche un calcolo elettorale sbagliato. Gli italiani non ci cascano più".
Casini: bene il premier "È un gesto di responsabilità istituzionale importante che il presidente del Consiglio abbia annunciato l’intenzione di riferire in parlamento a proposito della sentenza Mills". Pier Ferdinando Casini risponde così a chi gli chiede un commento sulla decisione del premier di intervenire in parlamento. "Abbiamo criticato il premier ogni volta che ha mostrato noncuranza verso il Parlamento - aggiunge il leader dell’Udc - ma è importante che in questo caso abbia fatto un’eccezione alla regola".
Pd: salvato dal lodo Alfano Il premier deve rinunciare ai privilegi del lodo Alfano, tuona il segretario del Pd Dario Franceschini. Le motivazioni della condanna dell'avvocato Mills "confermano ancora di più che il presidente del Consiglio ha evitato una condanna per gravi reati solo grazie all'immunità garantitagli dal lodo Alfano che oramai può essere definito come il padre di tutte le leggi ad personam". Lo afferma il responsabile Giustizia del Pd, Lanfranco Tenaglia, che aggiunge: "In un paese normale un presidente del consiglio coinvolto in un processo avrebbe reso conto della sua condotta ai giudici, in Italia si limita a raccontare la sua personalissima versione davanti alla stessa maggioranza che ne ha votato l'impunità".
Rotondi: risposta corretta "Se è vero che la storia ricorre la prima volta in tragedia e la seconda in commedia, le motivazioni della sentenza sul "caso Mills" contro Berlusconi arrivano puntuali. Del resto, la risposta più corretta l’ha data proprio Berlusconi che, serenamente, ha detto che riferirà in parlamento". Lo afferma il ministro per l’Attuazione del programma di governo, Gianfranco Rotondi.
Lehner: è una Santa inquisizione "Questa è una condanna a Berlusconi". Lo dice a Radio Radicale il deputato del Pdl Giancarlo Lehner. "Il lessico della sentenza - spiega Lehner - appartiene ad una sentenza della Santa Inquisizione alla quale si ispira il rito ambrosiano quando ci si occupa di Berlusconi o di persone a lui vicine, una sentenza scritta con rabbia contro l'eretico. E' un lessico che da solo induce a pensare che la condanna di Mills sia fondata non sulle prove ma sul sospetto. Io sono non stupito ma amareggiato perché pensavo che qualche passo avanti avremmo potuto sperarlo. Un giudice deve emettere sentenze, non deve fare un comizio e urlare un suo progetto di condanna che ha una sua ricaduta politica".
Ferrero: si dimetta "Berlusconi si deve dimettere da presidente del Consiglio - attacca il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero - perché non può più "rappresentare il nostro paese come massima carica dell’esecutivo. Berlusconi si dimetta, rinunciando quindi allo scudo del lodo Alfano e si faccia processare da un tribunale come un normale cittadino, dimostrando in tribunale la propria innocenza".
Di Pietro: si faccia processare "Il premier arrivati a questo punto ha davanti a sé solo due possibilità - commentano in una nota Antonio Di Pietro, Massimo Donadi e Felice Belisario - La prima è quella di rinunciare oggi, subito, all’impunità del Lodo Alfano e presentarsi davanti al giudice a spiegare le sue ragioni se ne è capace.
L’altra via è dimettersi subito perché se il premier non ha il coraggio di farsi giudicare legittimerà nella coscienza degli italiani la convinzione della propria colpevolezza. In ogni caso, Berlusconi non cerchi anche stavolta la scorciatoia del parlamento per ribaltare la sentenza del giudice".
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