Giù le tasse per far ricca l’Italia

Repubblica sbaglia ricetta: l'espansione dei consumi mostra che la crisi è passata. Se si riducessero le imposte uscirebbe un'altra fetta di sommerso tributario

Giù le tasse per far ricca l’Italia

Mentre le statistiche spiegano che abbiano una crisi che ha diminuito di 4,5 punti il nostro reddito e il Codacons, associazione progressista di consumatori piagnoni, lancia la notizia di stangate sul potere di acquisto, si verificano un’espansione felice del consumo, una crescita dei redditi fiscali e un rientro massiccio di capitali dall’estero che danno una sensazione opposta. L’Italia non è in crisi, non è povera, le statistiche sono sbagliate, la gente si lamenta assai meno di quello che risulta dal piagnisteo ufficiale.

Emergono almeno cinque fenomeni, assolutamente contrastanti con la tesi per cui il 2009 sarebbe stato un annus terribilis e che il 2010 brancoli sulle sue macerie. Il primo è il tutto esaurito nelle stazioni invernali, sui laghi, a Capri e Positano, nelle città d’arte, a Roma, nel Sud, nelle isole e negli altri luoghi di vacanza.

Sarà perché al Nord è caduta la neve, al Sud il tempo è mite, il calendario ha generato più «ponti» del solito e gli alberghi e altri servizi hanno fatto sconti, ma il pienone contraddice il calo dei redditi. Una parte dei vacanzieri viene dall’estero e i turisti russi, asiatici e di altre nazioni emergenti hanno rimpiazzato il calo degli anglo-americani.

Ma anche questi sono soldi che arrivano al nostro Paese e che le statistiche probabilmente sottovalutano, perché ancora focalizzate sui flussi tradizionali. Nel frattempo ci sono state le spese enogastronomiche per Natale. Secondo la Cia (non si tratta dei servizi segreti Usa, ma della Confederazione italiana agricoltori) la spesa alimentare per le feste è aumentata del 3,5% rispetto al 2008, con cifre come 2,4 miliardi di euro per carni e pesce, 1,2 per primi piatti e per il pane, 900 milioni per dolci, 700 per vini e spumanti, 500 milioni per formaggi e salumi e 320 per frutta fresca o secca, in gran parte nazionali. Si sono stappate, poi, 140 milioni di bottiglie di spumanti e 160 di vini rossi, il 95% di provenienza nostrana. Le esportazioni enologiche sono cresciute, nel periodo natalizio, di oltre il 15% con ottimi i risultati negli Stati Uniti, il maggior mercato estero. Le vendite natalizie degli altri settori, per i quali erano state lanciate cupe previsioni, non sono andate male.

Terzo fenomeno, che smentisce i piagnoni. I consumatori dopo le spese per il Natale e per le vacanze, si sono lanciati sugli sconti anticipati, con una corsa frenetica: chi nei negozi grandi e piccoli della città e chi negli outlet, per «non perdere le occasioni». È vero che i prezzi sono molto scontati. È vero che i saldi sono anticipati. Ed è vero che qualcuno ha lesinato sulle spese natalizie di abbigliamento, arredamento e oggettistica, per riservare il denaro ai saldi. Ma nel frattempo ci sono state le «uscite» gastronomiche e vacanziere. E il potere di acquisto c’è per i saldi. Senza soldi del consumatore, gli sconti non fanno aumentare le vendite.

Quarto fenomeno in contrasto con la crisi: le dichiarazioni dei redditi del 2008 mostrano un aumento degli imponibili del 3%, con un +2 nel Nord e +4,5-6 nel Sud (in Calabria +6,6). Secondo le stime dell’Istat, nel 2008 si registra un declino del reddito reale dell’1% e un aumento di quello monetario del 1%. Come si vede, nei dati fiscali c’è un 2% in più. Si è strillato, da parte dei pessimisti, che l’aumento di imponibili riguarda soprattutto il lavoro. Ragionamento singolare, per lamentarsi. Infatti non si sa ancora di quanto siano variati i redditi diversi da quelli di lavoro, sottoposti a cedolari secche, catasto, tassazione delle società. Ma sta di fatto che i redditi di lavoro hanno registrato un aumento fiscale differenziale.
Generalmente nel Nord ciò non dipende da un’emersione del sommerso, che è soprattutto negli altri redditi. Nel Sud si registra un aumento di imponibili di 3,5 punti in più rispetto al Nord. Dunque emerge un po’ del nero del reddito di lavoro dipendente e autonomo. Ciò è effetto della lotta contro la mafia, la ’ndrangheta e la camorra nonché della maggiore efficienza della macchina fiscale e della detassazione degli straordinari, che nel Sud sono dati più fuori busta che dentro. Ora in Italia c’è anche un rientro di capitali nascosti all’estero pari a 95 miliardi ossia 6,5 punti di prodotto nazionale.

E l’afflusso non è finito. Tutto ciò suggerisce due cose. Le statistiche ufficiali del Pil e degli occupati veri fanno acqua.

E se si riducessero le imposte progressive (al contrario di quel che chiede Repubblica per gli alti redditi nelle denunce fiscali, ci sono essenzialmente gli imponibili del solito ceto medio), emergerebbe un’altra fetta di sommerso tributario.

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