Giallo al Corvetto: uccisi in una baracca a colpi di pistola

L’avanzato stato di mummificazione dei cadaveri impedirebbe - almeno per il momento - di risalire con esattezza alle cause della morte, avvenuta con ogni probabilità da oltre un mese o forse anche di più. Tuttavia i fori di proiettile rinvenuti su quel che resta del cranio dei cadaveri dei due uomini trovati nel primo pomeriggio di ieri in una piccola baracca di lamiera tra un’area dismessa (l’ex fabbrica di biscotti «Plasmon» di via Cadolini) e il tratto di ferrovia che corre lungo via Longanesi, poco lontano dall’ex stazione di Porta Romana, non lasciano dubbi sul fatto che quei poveracci siano stati uccisi. «Se poi i cinque bossoli scoperti nella baracca siano da mettere in relazione con l’omicidio, beh, questo è ancora tutto da provare» ci tengono a precisare i carabinieri del nucleo investigativo che si occupano delle indagini e preferiscono andarci cauti prima di fare delle dichiarazioni che, magari dopo l’autopsia, potrebbero apparire affrettate.
L’unica certezza è che c’è una brutta storia di povertà, emarginazione e profondo malessere sociale dietro il ritrovamento di questi due morti, persone che stentavano a sopravvivere ai margini di un mondo perlopiù indifferente a gente come loro.
«Due stranieri, forse nordafricani. O italiani con la pelle scura, magari clochard. Vittime di un’esecuzione? Chissà!» dichiarano vaghi i militari della Rilievi mentre, con le mascherine protettive calate sul naso e sulla bocca, raccolgono il materiale trovato nella baracca dove i due vivevano - accanto ai loro giacigli e tra la trascuratezza più assoluta - per metterlo dentro grossi scatoloni.
A dare l’allarme, chiamando il 112 poco dopo le 13, sono stati alcuni nomadi che abitano in un campo vicino allo sterrato dove si trova la baracca, isolata dalla ferrovia e dalle reti che delimitano l’area dismessa. «I rom frequentano spesso queste aree in cerca di metalli» spiegano i carabinieri.
Il rifugio - dall’esterno molto simile a quelli usati nei cantieri per raggrupparvi l’attrezzatura - è visibile solo dai piani alti dei palazzi di via Longanesi. E da lì, per accedervi, bisogna prima attraversare i binari, quindi passare attraverso un buco ricavato nel muro ai bordi della ferrovia e infine in mezzo a un’altra rete metallica, anch’essa strappata in un punto che permette a una persona di oltrepassarla.
I residenti della zona - che hanno assistito silenziosi al trasporto dei due sacchi contenenti i cadaveri destinati all’obitorio di piazzale Gorini - hanno subito indicato agli investigatori un incendio, scoppiato nell’area della fabbrica dismessa, come la possibile causa della morte dei due uomini.

«Ma abbiamo capito subito che i cadaveri non c’entrano nulla con quel rogo - spiegano i carabinieri - non solo perché i corpi e la baracca non risultano bruciati, ma anche per via del periodo: le fiamme di cui parla la gente risalgono ad almeno un anno fa. Troppo lontano nel tempo rispetto allo stato, seppur molto avanzato, di decomposizione dei cadaveri».

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