Che si trattasse di un giallo lo aveva capito, già nel 1950, Tommaso Besozzi, che in un reportage sull'Europeo aveva scritto un articolo rimasto celebre nella letteratura giornalistica e non solo per il suo incipit: «Di sicuro c'è solo che è morto». E adesso, ci sarebbe da aggiungere, non è certo neanche questo. Già, perché a 60 anni dalla sua uccisione, la Procura di Palermo ha deciso di riesumare la salma di Salvatore Giuliano, il bandito di Montelepre accusato della strage di Portella della Ginestra. L'inchiesta, sulla base di nuove denunce, è stata riaperta da poco. E adesso quel cadavere, che non convinse nessuno già all'epoca per tutta una serie di anomalie, sarà riportato alla luce. Per capire se si tratta davvero di Salvatore Giuliano e, se è veramente lui, cercare, con le nuove tecniche a disposizione oggi, di ricavare elementi utili a comprendere come effettivamente sia stato ucciso.
«Prossimamente daremo ai medici legali del Policlinico di Palermo -ha spiegato il procuratore aggiunto del capoluogo siciliano Antonio Ingroia all'agenzia AdnKronos - l'incarico per riesumare la salma di Salvatore Giuliano. Non sappiamo ancora quando avverrà, certo non oggi, ma ci siamo resi conto che è una scelta obbligata». luglio di sessant'anni fa. Continuo a dire che noi andiamo con i piedi di piombo, non escludiamo niente. Ma prima di fare ipotesi aspettiamo. Ci muoviamo solo sulla base di fatti concreti e non su congetture».
La Procura di Palermo è chiamata a fare luce, in particolare, sull'ipotesi che il cadavere di Giuliano ripreso sul luogo del delitto il 5 luglio del 1950, il cortile De Maria a Castelvetrano (Trapani), fosse lo stesso di quello fotografato nell'obitorio del cimitero di Castelvetrano. Ecco perché è stato disposto dalla magistratura un esame approfondito dei filmati e delle fotografie a disposizione. A mettere in dubbio la certezza che il cadavere mostrato ai giornalisti fosse davvero Salvatore Giuliano è stato, tra gli altri, un docente di Medicina Legale, il professor Alberto Bellocco. «Purtroppo - aggiunge ancora Ingroia - abbiamo poche immagini a disposizione, ma noi cerchiamo di fare luce grazie alle tecniche che abbiamo a disposizione nell'eseguire gli accertamenti». E in questo quadro un passaggio importante è la riesumazione del cadavere sepolto a Montelepre. «Non possiamo evitare la riesumazione - sottolinea il magistrato - perché soltanto con questi ulteriori accertamenti sul Dna del cadavere potremo raggiungere dei risultati importanti».
A chiedere la verifica sul cadavere è stato un giornalista Rai, Franco Cuozzo, che sta scrivendo un libro sulla vicenda, l'ennesimo sul mistero di Montelepre. È stato lui a notare le incongruenze, quel sangue fresco sul cadavere del presunto bandito Giuliano, troppo fresco per appartenere a un uomo che in piena estate, in Sicilia, era stato sul selciato per ore e ore.
C'è un altro volume interessante sulla vicenda, recentemente pubblicato dal nipote di Giuliano, Giuseppe Sciortino Giuliano «Via d'inferno. Cause ed affetti». Un volume inquietante. Il nipote infatti racconta che ai giornalisti fu mostrato in realtà il cadavere di un sosia e che il vero Salvatore Giuliano sarebbe stato aiutato a fuggire e sarebbe morto solo qualche anno fa ultraottantenne, dopo essere tornato per due volte nella sua Montelepre.
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