Il «giallo» Scarantino, il legale di Contrada invita a comparire i pm

L'avvocato Lipera ha chiesto di sentire i magistrati nell'ambito delle indagini difensive in seguito al libro del pm Antonio Ingroia «Nel labirinto degli dei». Il procuratore aggiunto di Palermo replica: «Non ha letto bene quello che ho scritto»

Le sue accuse, false e inattendibili, probabilmente otevano essere comunque una prova a favore di Bruno Contrada. Eppure non è mai stato sentito, e le sue dichiarazioni non sono mai state portate dai pm in dibattimento. Il «giallo» Scarantino, il caso nato dalll'ultimo libro del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, si arricchisce di un nuovo capitolo. Sulla mancata citazione di Vincenzo Scarantino, un tempo pentito chiave per la strage di via D'Amelio ora tacciato di inattendibilità, il legale di Bruno Contrada, l'avvocato Giuseppe Lipera, ha invitato a comparire il 26 maggio nel suo studio di Catania il presidente del Tribunale penale di Termini Imerese (Palermo) Alfredo Morvillo, il procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, e il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia.
La citazione è stata fatta nell'ambito di indagini difensive sull'ex funzionario del Sisde che sconta agli arresti domiciliari una condanna definitiva a 10 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Obiettivo dell'iniziativa, la revisione della condanna dell'ex 007, già tentata più volte senza successo dal legale. Se i tre magistrati - che all'epoca del processo di primo grado a Contrada erano rispettivamente il capo della procura di Palermo e i pm che sostenevano l'accusa - com'è loro facoltà, non aderiranno all'invito, il legale potrà rivolgersi alla Procura di Caltanissetta (ironia della sorte proprio quella che per ora con Palermo, su Massimo Ciancimino, non è esattamente in rapporti idilliaci) che dovrà valutare se esistano i presupposti, di sentirli nell'ambito di un incidente probatorio.
L'avvocato Lipera vuole ascoltare i tre magistrati a proposito di un episodio riportato nell'ultimo libro di Ingroia, «Nel labirinto degli dei: storie di mafia e antimafia», e relativo a Vincenzo Scarantino, il pentito (ora si scopre falso) che si era autoaccusato di avere organizzato il furto della Fiat 126 poi usata come autobomba nella strage di via D'Amelio. «Il pentito aveva fatto nuove accuse a carico di Bruno Contrada e la Procura di Palermo diede incarico alla polizia giudiziaria di fare indagini, ma l'esito fu sconfortante», si legge nel libro del pm, secondo cui quelle dichiarazioni «non furono mai utilizzate». Per Lipera, ciò avrebbe «impedito alla difesa di esercitare le azioni che avrebbero potuto chiarire il contesto in cui stava maturando tutta la vicenda giudiziaria e di usare ogni strumento utile per fare emergere la verità».
Lapidaria la replica di Ingroia: «L'avvocato Giuseppe Lipera - ha dichiarato a Catania, proprio a margine della presentazione del volume al centro della polemica - non ha letto bene il libro. Nel libro c'è scritto che le dichiarazioni di Scarantino costituivano non elementi a favore dell'imputato, ma elementi a carico non adeguatamente riscontrati.

E, come avvenuto in tanti altri casi, non sono state utilizzate e non inserite nel processo». Quanto all'adesione all'invito a presentarsi nello studio del legale Ingroia è stato vago: «Ho saputo dalla stampa che mi sarebbe stato notificato qualcosa, ma non mi è stato notificato alcunchè...».

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