Giallo sull’atomica smarrita in Groenlandia

ANGOLO REMOTO Il luogo dell’incidente è nell’estremo nord, quasi disabitato, dell’isola

C'è dell'uranio, in Danimarca. E c'è anche del plutonio, in un punto imprecisato nascosto sotto i ghiacci di quella sconfinata distesa che chissà perché Erik il Rosso, mandato in esilio lassù dall'Islanda - almeno così ci dice la leggenda - decise di chiamare bizzarramente Groenland, ovvero Terra Verde. Cromaticamente non c'azzeccava niente, ma grazie all'immaginabile daltonismo di Erik, quella sarebbe diventata appunto l'odierna Groenlandia. Sia come sia, la notizia è che da quelle parti, non lontano dalla località di Thule, lo smisurato e gelido sarcofago racchiude il cuore nucleare e i mille altri pezzi di un ordigno atomico americano andato perduto in un incidente aereo verificatosi il 21 gennaio 1968, in piena Guerra fredda.
La bomba, contrassegnata dal numero di serie 78252, viaggiava fortunatamente non armata insieme ad altre sue tre "sorelle", a bordo di uno dei B52 che a far data dal 1960 avevano iniziato a volare quotidianamente su quel cucuzzolo gelato del mondo. Si chiamavano missioni Chrome Dome - calotta cromata - dal colore delle carlinghe degli aerei. A quel tempo il Pentagono temeva infatti che l'Orso sovietico volesse mettere una delle sue zampone sull'aerobase di Thule (nata come strategica stazione radar nei primi anni Cinquanta), un puntolino sperduto in mezzo al gelo. Sarebbe stato il preludio a un attacco nucleare da lanciare contro il Stati Uniti.
E siccome anche allora prevenire era considerato meglio che curare, i B52 avevano cominciato ad alzarsi giorno e notte per mantenere sempre sospesa in aria quella metallica "calotta" a protezione del libero mondo occidentale. Poi, il 21 gennaio '68, dopo un decollo e un volo come tanti altri - noioso, di routine - si verificò all'improvviso un guasto. E il bombardiere, affidato alle mani dei piloti John Haug e Joe D'Amario (che sono ancora vivi) atterrò duro, andando in mille pezzi. L'esplosivo ad alto potenziale che avvolgeva le bombe nucleari mandò perdipiù gli ordigni in mille pezzi, lasciando fortunatamente intatti i loro nuclei atomici.
La storia dell'incidente era rimasta a lungo un segreto della Guerra fredda, uno dei tanti finito anch'esso congelato negli inviolabili cassetti dei documenti segreti, quelli leggibili soltanto dallo Zio Sam in persona. Fino a quando la loro declassificazione, in base al Freedom Information Act, ne ha resi pubblici molti. Così, le carte relative a quell'esplosivo mancato atterraggio sono finite nelle mani dei colleghi della tv pubblica britannica Bbc, che hanno ricostruito non solo l'avvenimento del '68, ma soprattutto quel che accadde in seguito.
Quel che accadde fu una comprensibilmente puntigliosa, quanto affannosa, ricerca di ciò che rimaneva degli ordigni. Una battuta di caccia per la quale fu utilizzato anche un sottomarino della classe Star III e alla quale oltre a militari americani parteciparono, sotto il giuramento di tenere le bocche sempre cucite, anche civili danesi oltre ad abitanti della zona di Thule. Con il risultato che dopo mesi di lavori certosini, il Pentagono era riuscito a rimettere insieme migliaia di pezzi, ricomponendo tre delle bombe andate perdute.

Ma come capita ai modellisti maldestri, erano rimasti loro in mano numerosi altri frammenti, tuttavia insufficienti per rimettere insieme il quarto ordigno. Che continua a sonnecchiare là sotto, probabilmente inglobato per sempre in quell'inviolabile guscio. Il più adatto - sottozero com'è - a conservare uno degli ultimi segreti della Guerra fredda.

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