![Giorgia e Cristicchi pronti a incantare. Tony Effe delude e Fedez sorprende](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2025/02/11/1739255659-giorgia.jpg?_=1739255659)
nostro inviato a Sanremo
Prove generali all'Ariston del lunedì pomeriggio. Le prove decisive. C'è l'orchestra in pompa magna, ci sono le luci giuste ma non c'è tremarella, che se sbagli ciao e arrivederci alla prossima volta. Dai diciamolo subito: qui si capisce chi ha davvero le credenziali per vincere o, quantomeno, per convincere, e anche chi fila via indolore senza infamia e senza lode (e neanche spazio in questo articolo). Ma si coglie anche chi proprio non ce la fa a prendersi l'applauso. Partiamo da questi. Marcella Bella canta Pelle diamante con quei versi «stronza, forse, ma sorprendente» che sono l'unica cosa forte del brano (eseguito con quattro ballerine alle spalle). Lei fa parte del club «ma perché?», nel senso di perché mettersi in gioco, con Massimo Ranieri, carriera stellare, vincitore a Sanremo con la «canzone più bella del secolo» (Perdere l'amore) e ora in gara con un brano debole che lui canta alla grande ma senza fare la differenza. Sono la cosiddetta «vecchia guardia» del Festival, ma hanno la guardia abbassata, purtroppo.
Invece Tony Effe è un debuttante festivaliero ma rientra nel casting delle delusioni. Come (t)rapper funziona, come stornellatore no, qui cita Califano e «non fare la stupida stasera» ma gli manca nella voce quella profondità malinconica e sognante di chi canta (anche) in romanesco. Ottimo il tentativo di smarcarsi dalla volgarità, ma questa trasformazione resta comunque volgare: le belle canzoni cantano una storia, non sono passepartout per darsi una credibilità, ennò. Chi resta fedele a se stesso, come Brunori Sas (degregorissimo) o Simone Cristicchi (commovente) non ha bisogno di cercare credibilità trasversale perché ce l'ha già, magari non esalta ma comunque non delude. Invece la sorpresa è Fedez, a proposito del quale si è parlato di tutto tranne che della canzone. Arriva emozionato sul palco con un cappottone nero e le scarpe eleganti da sera e poi azzecca una versione vincente di Battito, che è rap ma non solo, che è anche cantata e lo veste meglio di qualsiasi griffe. Se c'è un outsider che si gioca questo Festival, è lui e chi l'avrebbe detto. Già, e chi avrebbe detto che Gerry Scotti cantasse in prova Knocking on heaven's door di Bob Dylan dicendo pure yeaahhh.
Di Achille Lauro ed Elodie si sa. Il primo è elegante tipo Rat Pack di Frank Sinatra e Dean Martin a Las Vegas e Incoscienti giovani è un pezzo che ha il respiro per arrivare in finale (occhio alla dizione però). Elodie allarga le braccia mentre canta Dimenticarsi alle 7, è vestita di nero e «mineggia» molto, nel senso di Mina con tutto il rispetto. L'Ariston applaude. E se Rose Villain vince solo quando attacca il ritornello e, almeno in prova, resta sospesa tra rap e «sexsymbolitudine», Simona Brancale arriva con due stivali di pelo che anche no, nonostante un brano con un potenziale di pubblico. Chi invece veste perfettamente i propri versi è il genovese Olly, jeans e t-shirt nera da camallo, autentico enfant prodige di questo festival che ha due frecce nel proprio arco: Balorda nostalgia è una canzone che «c'è», evviva, e lui la sa cantare bene.
Discorso diverso per Shablo con Guè, Joshua e Rancore che centrano l'obiettivo, cioè fanno ballare come in un club. Clara si presenta di profilo, ha le physique du rôle ma solo quello. E se Irama ha forse troppo autotune e sicuramente un cappottone napoleonico che lo penalizza, chi non fa prigionieri è Giorgia.
D'accordo, i bookmakers la piazzano in cima ai favoriti (con Olly), ma lei è senza dubbio la miglior interprete di un Festival che è «della Canzone» soprattutto grazie a chi sa cantare bene, anzi benissimo, altro che autotune.
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