Il giornalismo secondo Pechino: «Pubblicare solo buone notizie»

Nuovo giro di vite del regime cinese «contro le coperture illegali» di stampa. Vietato perfino diffondere immagini e interviste del caos causato dal blocco del traffico

Zi Beijia è un giornalista di 28 anni. Sotto falso nome, con la collaborazione di quattro complici, è entrato nelle cucine di alcuni ristoranti di Pechino e ha filmato la preparazione di un tipico piatto cinese, i baozi, ravioli di pasta e carne. Ha dimostrato che, invece degli ingredienti tradizionali, all’interno c’era cartone. Il suo servizio è andato in onda su Life Channel, tv della capitale, ma il giovane reporter ha ritrattato tutto. Si è autoaccusato di aver diffuso una falsa notizia e di aver rovinato la reputazione di un noto prodotto alimentare. Conclusione: la Seconda Corte Intermedia del Popolo di Pechino lo ha condannato qualche giorno fa a un anno di carcere.
Pechino - si sa - non perdona l’esercizio della libertà di informazione, gli attacchi all’identità nazionale né - pare - quelli alla tradizione culinaria. Ma di condanne al carcere e di articoli e servizi censurati, dallo scorso 15 agosto, potrebbero essercene molti più del solito. Il governo cinese ha infatti annunciato, attraverso le televisioni, i giornali di stato e il suo sito ufficiale, che per creare «un ambiente armonioso e salutare e in vista della buona riuscita del diciassettesimo Congresso del Partito» e «per mantenere la credibilità dei mass media e salvaguardare l’interesse pubblico» perseguirà tutte le «false notizie» e le «coperture giornalistiche illegali». Insomma, per salvare il buon nome di Pechino, d’ora in poi e almeno fino al 15 di ottobre, saranno pubblicate solo «buone notizie». Alla faccia della libertà di stampa da sempre limitata, oggi addirittura violentemente repressa dal regime comunista.
Le prime vittime della censura ci sono già, a distanza di pochissimi giorni dall’imposizione del provvedimento. Sono cinque giornalisti di note testate nazionali, che mercoledì scorso sono stati malmenati da sette sconosciuti mentre raccoglievano i racconti di alcuni testimoni. I reporter erano arrivati nella regione dello Hunan dopo la caduta di un ponte, che con molta probabilità ha ceduto per la mancanza dei tradizionali sostegni di acciaio, provocando la morte di quaranta persone. Qualcuno evidentemente non ha gradito le domande dei reporter ai testimoni e un commando di sette uomini, che si è rifiutato di rivelare la propria identità, è entrato in azione picchiando i giornalisti. L’intervento della polizia? È arrivato, con ritardo, e si è concluso con il trasferimento dei giornalisti in caserma per controlli.
Nel Paese dove la libertà di opinione è un miraggio e dove esiste il più sofisticato sistema di censura mondiale su Internet, la decisione del governo è l’ennesimo passo per il controllo totale e inflessibile dell’informazione, un modo per non lasciare alcuno spiraglio alla diffusione di notizie scomode per il regime.
Così il Dipartimento della propaganda municipale di Pechino ha dato istruzioni precise agli editori perché evitino di pubblicare notizie sui disagi provocati dalle nuove misure anti-traffico inaugurate ieri nella capitale in vista delle Olimpiadi del 2008. Niente immagini degli autobus sovraffollati, nessuna intervista ai cittadini che protestano. Alle tv e ai giornali locali è consentito esclusivamente di riferire sui miglioramenti E in ballo ora ci sono altre questioni scottanti, dallo scandalo dei giocattoli al piombo, alla sicurezza sul difusissimo made in China.
L’obiettivo è ovviamente quello di salvaguardare i difficili equilibri politici in vista del Congresso che tra due mesi, dopo cinque anni, dovrà portare alla nascita di una nuova generazione di governanti.
Qualche giorno fa, anche un seguitissimo programma televisivo è stato messo al bando dalle autorità con l’accusa di «volgarità». In realtà, all’origine della decisione pare ci sia l’imbarazzo in cui uno dei concorrenti ha messo un membro della giuria, fino a provocarne un pianto in prima visione che non è stato gradito dal regime.

Infine, sempre la scorsa settimana, Happy Boy’s Voice, uno dei tanti eventi televisivi graditi al pubblico, è stato censurato e agli autori è stato imposto di mandare in onda solamente canzoni «che ispirino all’etica» e il divieto di inserire all’interno ogni forma di gossip.

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