Un giorno da dottor Stranamore

L’Unione non è ancora al governo ma è già allo sbando sul fronte più esposto: quello della politica estera. Romano Prodi, così bravo a predicare cautela e pazienza, ieri è sembrato una specie di «dottor Stranamore». Ha cominciato con un'intervista all'emittente araba al Jazeera, dando fuoco alle polveri. «Bisogna definire una nuova posizione nei confronti di Hamas, prestando attenzione ai segnali di apertura». Il quotidiano Jerusalem Post lo ha subito notato scrivendo: «Israele sembra aver perso un buon amico dopo le elezioni del 9 aprile».
La dichiarazione di Prodi è apparsa tanto più inopportuna dopo la decisione dell'Onu di adottare una politica restrittiva nei confronti del governo palestinese e di valutare i contatti politici con Hamas «caso per caso».
Non contento Prodi ha anche affrontato la questione delle truppe italiane in Irak, argomento particolarmente spinoso perché il Parlamento dovrà tra breve decidere sul rifinanziamento della missione. «Ritireremo gradualmente le nostre truppe in accordo con le forze della coalizione e con le autorità irachene». Peccato che pochi minuti dopo Marco Rizzo dei comunisti italiani abbia dettato alle agenzie una risposta che non sembra quella di un alleato di governo: «Bisogna predisporre il ritiro immediato delle truppe italiane: di quella missione da rifinanziare c'è solo la benzina per tornare a casa».
Ma non finisce qui. In una conferenza stampa davanti ai giornalisti della stampa estera, l'inarrestabile Romano Prodi» ha parlato anche di Iran: «Abbiamo avuto sempre rapporti stretti con quel Paese e non c'è ragione per non riprenderli». Dirlo all'indomani dei successi vantati dal premier Ahmadinejad sul fronte dell'arricchimento dell'uranio non è parso molto in linea con il resto della comunità internazionale. Il ministro degli Esteri inglese Straw e il segretario di Stato americano Rice hanno preso posizioni di tutt'altro tenore. E persino il capo della diplomazia del Cremlino, Lavrov, di solito indulgente con Teheran, ha definito «una mossa sbagliata» quella di Ahmadinejad.

Mentre il capo dell'intelligence israeliana, generale Amos Yadlin aveva espresso tutta la sua preoccupazione: «L'Iran potrebbe riuscire a produrre un ordigno nucleare entro circa tre anni».
Per essere solo il primo giorno dopo la mezza vittoria dell'Unione non ci si può lamentare. Mancava D'Alema vestito da marinaretto e il quadro sarebbe stato completo.

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