Il girotondo dei giornali di sinistra: sì, no, anzi sì... contrordine

Scontri a sinistra. Su piazza Navona Repubblica e Unità "svoltano" tre volte in due giorni. Il direttore Mauro si fa smentire dai suoi stessi editorialisti. Il quotidiano di Gramsci litiga con Europa. Di Pietro-Grillo: unica regia per il web. Walter fa qualcosa di riformista... ma nel Pd è diarchia: dì la tua

Il girotondo dei giornali di sinistra: sì, no, anzi sì... contrordine

Milano - La piazza dell’8 luglio ha ragione, anzi no è incivile, anzi no è giusta. A forza di girotondi a qualche giornale (e a diversi girotondini) è venuto un terribile mal di testa. In molti sono passati nello spazio di tre giorni dall’appoggio trionfale, allo sdegno per la violenza degli attacchi, fino al ripensamento del ripensamento stesso, in una contorsione da meditazione trascendentale yoga. I segni più evidenti di schizofrenia acuta sono apparsi sulle colonne di Repubblica, paurosamente oscillante tra la linea Di Pietro sulle leggi vergogna e la linea-Veltroni sul dopo piazza Navona. E la crisi di identità si è manifestata nella persona del suo direttore Ezio Mauro, sconfessato dai suoi stessi editorialisti, che il giorno dopo l’anti-Cav day si sono industriati nell’analizzare le cause di quella «parodia di un talk show deteriore» (Edmondo Berselli), di quel «delirio pagliaccesco» (Filippo Ceccarelli) avvenuto in piazza Navona.

Esegesi impeccabili se non fosse che Repubblica, fino a 24 ore prima, sponsorizzava la manifestazione descrivendola come «il primo test dell’opposizione in piazza», e affidando al vicedirettore D’Avanzo un fondo sul Cavaliere con un titolo che pareva già uno slogan perfetto per gli striscioni di piazza Navona: «Le magie dell’Intoccabile». E se non fosse, soprattutto, che il suo direttore si era nel frattempo espresso in termini inequivocabili sul valore politico del girotondo anche per il Pd. Cosa aveva detto Mauro a Repubblica tv, alla vigilia dell’8 luglio? Semplicemente, un piccolo inno al girotondismo travagliesco: è «una manifestazione non solo opportuna ma doverosa», il «primo segnale di ripresa della democrazia», «si capisce benissimo il nostro giornale da che parte sta». Ora non si capisce più, perché ormai gli tocca far convivere due anime nelle stesse pagine, che in modo subliminale ieri hanno preso forma in due editoriali affiancati, diametralmente opposti senza essere un esplicito pro e contro. Nel primo Giorgio Bocca, adoperando toni da piazza Navona, dopo aver dipinto un’Italia «da incubo, uno Stato mafioso, fuori legge, senza rispetto della Costituzione», chiude scendendo in piazza con Di Pietro, Travaglio e Flores D’Arcais, insomma con quella «manifestazione romana che ha denunciato la progressione autoritaria» dell’Italia berlusconiana. Una bella medaglia al merito sul petto dei no-Cav, come se Bocca si fosse perso la Repubblica del giorno prima. Peccato che nel pezzo a fianco Curzio Maltese dica l’opposto e tratti i girotondini Beppe Grillo e Sabina Guzzanti (di cui tra l’altro è stato coautore nell’infelice Raiot) alla stregua di saltimbanchi che hanno fiutato nell’antipolitica un business per il proprio tornaconto personale. Uno pari e palla al centro.

E che dire dello psicodramma di Furio Colombo e Antonio Padellaro, incredibili girotondini-antigirotondini? L’Unità è riuscita nel miracolo di contraddirsi due volte in 48 ore, con l’aggravante che i protagonisti della giravolta erano in piazza mano nella mano con gli stessi da cui si dissociano. In sintesi: Colombo e Padellaro hanno fatto propaganda alla manifestazione fino al giorno stesso, poi Colombo ha preso le distanze e anche Padellaro ci ha ripensato («Peccato!»), poi però ci hanno ripensato ancora e hanno ospitato due commenti di Marco Travaglio e Lidia Ravera allibiti dall’Unità del giorno prima e dall’idea della «bella piazza rovinata da Grillo». Quindi? Dategli del tempo, ci devono riflettere. Non aspettavano altro i cugini di Europa, l’altro quotidiano del Pd che è amico dell’Unità come il gatto Silvestro del canarino Titti, per il regolamento di conti finale. «Chiunque la diriga, è finita la vostra epopea» gli ha sparato lì il direttore Menichini; «Diffamatore», gli hanno risposto quegli altri. Anche la Stampa ha affidato a una sua firma la lettura «sociologica» di piazza Navona, presa però molto sul serio fino al giorno prima. È l’ex spin doctor di D’Alema, Fabrizio Rondolino, scrittore-autore di reality show per Mediaset, a raccontare il «carnevale» di una protesta che ha più rapporti con l’avanspettacolo che non con la politica. Lo spieghi al direttore dell’Unità Padellaro, che il giorno dopo gli insulti ammoniva: se inviti Grillo avrai Grillo. Profezia recapitata sfortunatamente con 24 ore di ritardo.

Ma tra tutti gli acrobati farà scuola il giovane veltroniano Mattia Stella, ancora più spericolato di Mauro, Colombo e Padellaro, e che con un colpo di classe ha risolto tutti i patemi d’animo degli intellettuali radical: «Ha ragione Berlusconi, certa gente è da monnezza». Mattia Stella chi? Sì, il giovane presentatore del girotondo di piazza Navona. È sua la palma del no Cav che sui no Cav è d’accordo col Cav.

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