Il giudice assolve il cliente che non paga al ristorante

Prima mangia con cinque amici in un locale di Pegli poi contesta il conto

Il giudice assolve il cliente che non paga al ristorante

«Non paga il conto perchè troppo salato e il giudice lo assolve». É il titolo di un flash di agenzia giunto ieri mattina nelle redazioni dei quotidiani, che però merita un approfondimento per non ingenerare confusione e illusorie speranze, in potenziali imitatori della persona assolta. Prima di inoltrarci nella vicenda, è bene precisare che chi non paga il conto al ristoratore, al negoziante, al sarto, ecc...incorre in una inadempienza contrattuale, di natura civilistica, penalmente non rilevante, a meno che non commetta un reato specifico, come potrebbe esser, ad esempio l’insolvenza fraudolenta.
Il tutto ha inizio una sera dell’aprile di due anni fa quando Rosario V, 46 anni, calabrese, residente a Sampierdarena, riunisce cinque amici per andare a cena. La scelta cade su un locale tipico di Pegli, in via Martiri della Libertà. A tavola tutto procede per il meglio. Rosario e suoi commensali trovano di proprio gradimento sia i cibi che i vini. Ma al momento di pagare il conto (308 euro), Rosario V insorge e non intende sborsare neppure un euro. Fa presente alla titolare della trattoria che il conto è troppo salato, per questo motivo si rifiuta di pagare. Non è che non abbia il denaro. Anzi, così dicendo, estrae dalle tasche 500 euro in banconote da 50. «I soldi li ho, ma non pago, perchè il conto è troppo caro». A questo punto la ristoratrice fa intervenire i poliziotti, che non riescono a convincere il riottoso cliente. A questo punto il caso viene portato all’attenzione della magistratura che apre un fascicolo.
Il procuratore aggiunto Franco Cozzi avvia l’istruttoria al termine rinvia a giudizio immediato Rosario V «perchè dissimulando il proprio stato d’insolvenza, contraeva un’obbligazione con il proposito di un adempierla». Il magistrato nel decreto di citazione immediata ritiene l’indagato colpevole di insolvenza fraudolenta, aggiungendo che a suo carico v’è «una recidiva specifica».
Si giunge così al processo dinanzi al giudice Federico Augusto Mazza, che assolve «perchè il fatto non costituisce reato». Il cliente - dice ancora il giudice - ha i mezzi per adempiere ma non vuole perchè ritiene caro il conto. Però, - evidenzia Mazza, nell’interesse della ristoratrice e di eventuali altre persone che potrebbero venirsi a trovare nella sua situazione - v’è da parte di Rosario V. un inadempimento civilistico. Il giudice ha così riconosciuto che la parte offesa ha un titolo per ottenere dal giudice civile l’adempimento della prestazione (il pubblico ministero d’udienza aveva chiesto per l’imputato 3 mesi di reclusione e 300 euro di multa).
Il giudice Mazza fa presente nella sentenza che la stessa ristoratrice ha dichiarato in aula che il cliente si era rifiutato di pagare perchè riteneva il conto assolutamente esoso e che aveva buttato 500 euro sul bancone per poi riprenderseli, perchè non voleva pagare.

Quindi, non si è alla presenza di un caso di insolvenza fraudolenta, quando la persona dà affidamento di pagare, e poi si scopre che non ha i mezzi che in modo fraudolento aveva fatto credere di possedere. In questo caso il cliente ha i mezzi, ma non vuole adempiere perchè il conto è caro. Tesi sostenuta dai difensori, Roberta Barbanera e Federico Ricci. Non si esclusde il ricorso in appello da parte della procura.

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