Giusto tutelare la privacy ma i criminali brindano

L’approvazione alla Camera della legge per le intercettazioni non cala il sipario su questa vicenda. Non lo cala perché di essa dovrà ancora occuparsi il Senato. E non lo cala perché in molti cittadini - questa almeno è la mia convinzione - rimangono forti perplessità su alcuni aspetti delle nuove norme.

Cominciamo pure dalle faccende di bottega. Sono molto preoccupato - lo confesso - per le sanzioni, incluso il carcere da sei mesi a un anno, previste a carico dei giornalisti che pubblichino conversazioni destinate ad essere distrutte.

So di rischiare, così scrivendo, d’essere tacciato di meschinità corporativa e di difesa miope degli interessi professionali. Sarà anche, in parte. Ma non ritengo che questa volontà punitiva nei confronti dell’informazione vada ricondotta a uno schema angusto. Ogni provvedimento che incide sulla libertà di espressione, di comunicazione, di notizia può avere ricadute pericolose.
Non affermo, e nessuno può in questo momento affermarlo, che la legge sulle intercettazioni sia liberticida. Ma bisogna pur sottolineare che è intimidatoria, che vuol dare una regolata a direttori ed editori, che prevede la prigione per i giornalisti colpevoli di efferate indiscrezioni in un Paese dove raramente gli assassini e gli stupratori espiano interamente la loro pena. Tolleranza zero, per la stampa. Che francamente non mi sembra costituisca la più grave minaccia d’Italia alla legge e all’ordine.

Sull’altro aspetto della legge, ossia la limitazione delle intercettazioni, ho idee abbastanza confuse. O piuttosto sono lacerato. Perché mi rendo conto benissimo degli abusi e degli eccessi che dall’uso smodato delle intercettazioni sono derivati. Deploro anch’io la spesa esorbitante di questa capillare e onnipresente rete di ascolto. Comprendo il disagio e il tormento di soggetti implicati non per avere commesso reati, ma per mero pettegolezzo, in storiacce giudiziarie.
La narrazione dei fatti di cronaca, quando siano indebitamente riferiti ma anche quando lo siano debitamente, è spesso crudele. Causa ferite profonde negli individui e nelle famiglie. Maggiori cautele erano indispensabili.

Tuttavia temo che ne siano state adottate troppe, e non mi dissuade dal temerlo il voto a favore di una ventina di deputati dell’opposizione, in aggiunta a quelli della maggioranza. C’è di sicuro dell’allarmismo nei gridi di dolore di magistrati e di politici di sinistra. Poiché tuttavia essi elencano una serie di casi concreti nei quali, asseriscono, se fosse stata già vigente la nuova legge i colpevoli non sarebbero mai stati scoperti, riuscirebbe utile che, caso per caso, quelle affermazioni fossero confutate.

Mi riesce poco comprensibile il motivo per cui i «sufficienti indizi di colpevolezza» che in precedenza legittimavano le intercettazioni siano diventati indizi «evidenti». Quasi una colpevolezza già provata. Ma la prova non la si cerca proprio nelle intercettazioni?

Ho una solida fama di banalizzatore. Rifuggo dalle esercitazioni intellettuali. Apprezzo spesso il buon senso che è poco attraente ma è anche molto convincente. Sul tema in discussione propongo un interrogativo facile facile.

I professionisti della delinquenza, i cattivi della malavita, i colletti bianchi della corruzione, i capi e i manovali del crimine organizzato avranno pianto per l’approvazione della legge sulle intercettazioni o avranno brindato? Suppongo che abbiano brindato. Basta questo - e avanza - per impensierirmi. Ciò che piace ai disonesti mette in ansia gli onesti.

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